Intervistiamo

Albino Barbuto, il catanzarese che conquistò la Serie A

Scritto da Redazione
Una storia all’insegna dell’umiltà che ha contraddistinto un gruppo di ragazzi che diedero lustro all’intera regione
 

Albino Barbuto, nasce a Catanzaro il 10/04/1945 negli in cui in Calabria, come in tutta Italia, il secondo conflitto mondiale stava giungendo all’agognata conclusione.

Gli anni del dopoguerra furono duri per la popolazione catanzarese, in un clima ancora non disteso in cui la povertà aveva un’incidenza importante, il calcio rappresentava uno dei principali svaghi soprattutto per i bambini che affollavano le strade del capoluogo rincorrendo ciò che di più somigliasse ad un pallone.

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È in quegli anni che Albino Barbuto cresce e matura, tra studi tecnici e giornate passate tra i polverosi campetti e gli stretti vicoletti catanzaresi.

 

Signor Barbuto, quali sono stati i suoi inizi per quanto riguarda il settore giovanile?

Da ragazzino, quando avevo 14 anni, giocavo nel San Leonardo, squadra dell’omonimo quartiere di Catanzaro in cui sono cresciuto. Fu un anno molto piacevole in cui vincemmo il nostro girone, ma purtroppo a fine stagione per motivi logistici la squadra si sciolse, e fu da quel fallimento che all’età di 15 anni venni prelevato del Catanzaro, entrando appunto a far parte del settore giovanile giallorosso.

Giocai nell’allora De Martino, similare all’attuale Primavera, in cui mi misi ben in mostra tanto da esordire in coppa Italia all’eta di 17 anni, con il ruolo di mezz’ala. Correva l’anno 1962.”

Dal momento del suo esordio, 9 lunghi anni trascorsi nel Catanzaro dove nel frattempo si era trasformato in un jolly di difesa, partecipando con costanza al campionato di Serie B, inclusa l’emozionante cavalcata nella Coppa Italia del 1966, conclusasi solo il 19 maggio, in finale nel campo neutro di Roma, dove le aquile dovettero capitolare al cospetto della favorita Fiorentina.

Da lì in poi la società continuò a essere punto di riferimento per catanzaresi e non solo, grazie anche alla sapiente guida del presidentissimo Nicola Ceravolo.

La svolta avvenne però nella stagione 1970/71.

 

Signor Barbuto, lei in quella celebre annata fu un punto fermo della squadra, cosa vorrebbe raccontare in merito?

Fu una stagione meravigliosa! Il Catanzaro la stagione precedente si salvò solo nell’ultima giornata ed era stata appunto allestita anche per quell’anno una squadra capace di garantirsi la permanenza in  cadetteria.

Ciò che però fece la differenza fu l’affiatamento e l’alchimia formatasi tra tutte le parti indistinte della società, e di ciò va reso grande merito a mister Seghedoni. Chiunque giocasse o rimanesse fuori non vi era alcuna invidia e tra tutti i calciatori i rapporti erano ottimi. Eravamo come una grande famiglia in cui il valore più importate era l’umiltà. Questa coesione ci portò a far meglio di compagini più attrezzate quali ad esempio Bari e Brescia su tutte.

Ricordo nitidamente l’ultima di campionato in cui sfidammo in uno scontro diretto un fortissimo Brescia a cui bastava un pareggio per raggiungere la promozione. Vincemmo 2-0 e fui protagonista di un’estenuante marcatura su Gigi De Paoli che tornò negli spogliatoi stremato. A causa di quella mia marcatura verace, De Paoli non ricevette mai la Maserati promessagli dal suo presidente in caso di vittoria.”

 

In quella fantastica stagione il Catanzaro conquistò la promozione tramite gli spareggi. Che ricordi ha di quei momenti? 

Quell’anno insieme a noi arrivarono a giocarsi i due rimanenti posti per salire in Serie A l’Atalanta e il Bari.

Ci trovammo perciò di fronte nella prima partita un’Atalanta alla quale bastava un pari avendo vinto la partita precedente contro i pugliesi. Quel giorno a Bologna ero in campo e lottammo come leoni, ma a due minuti dal termine subimmo un goal che ci gelò il sangue, ma ci diede un’enorme carica per affrontare la decisiva partita contro il Bari.

Ci recammo perciò a Napoli dove Seghedoni decise di rivoluzionare la squadra lasciando in panchina molti dei titolari come ad esempio me e Fausto Silipo. Il Bari giocò una grande partita, ma grazie a una grande tenacia, un grande sostegno dei nostri tifosi accorsi per l’occasione e ad un pizzico di fortuna, la spuntammo grazie al celeberrimo colpo di testa del mio grande amico Angelo Mammì.

 

Da quella promozione in poi come proseguì la sua carriera da calciatore? 

Nel novembre del 1971 venni ceduto dal Catanzaro al Crotone militante nell’allora Serie C. Fu un errore dettato dall’immatura scelta di un ragazzo di 26 anni attratto da uno stipendio nettamente superiore a quello percepito precedentemente.

Con il Crotone però giocai un ottimo calcio guadagnando la salvezza nella prima stagione. Purtroppo l’anno successivo per problemi economici della proprietà rossoblu non trovammo un accordo e fu così che per mia scelta rimasi svincolato fino a febbraio quando dopo varie richieste della società pitagorica e spronato dal mio amico e compagno Emilio Barone tornai a Crotone per aiutare la squadra a guadagnare l’agognata salvezza.Obiettivo che venne brillantemente centrato.

Purtroppo però a Crotone si riproponevano ogni anno i soliti problemi economici, e seppur fossi sempre oggettivamente stato tra i migliori in campo, dovettero cedermi a Palmi nell’allora quarta serie.

Questa inspiegabile regressione di catoria che avevo subito, mi demotivò parecchio, e fu così che all’eta di 28 anni decisi di smettere col calcio giocato

 

Qual è stato il suo rapporto con il mondo del calcio una volta terminata la carriera da calciatore?

Dopo il ritiro ho vissuto il calcio professionistico con distacco, un pò per scelta, un pò per carattere. Avendo però il calcio nel sangue ho allenato qualche squadra di categoria minore proseguendo anche a giocare a livello amatoriale fino a circa 3 anni fa. Seguo ugualmente il calcio, Catanzaro incluso, seppur in quest’ultimo caso, essendo amareggiato per le scarsissime gioie e le poco blasonate categorie di militanza, me ne sono un po’ distaccato.

I tifosi giallorossi non meritano questo lungo calvario in Lega Pro, così come non meritavano tutte le sofferenze patite in passato. La città merita ben altre categorie

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Riguardo al presidentissimo Nicola Ceravolo, come potrebbe descriverlo lei che lo ha vissuto in degli anni fantastici per la società giallorossa?

L’avvocato era un uomo tutto d’un pezzo, quando parlava dovevi metterti sugli attenti, era persona colta e piacevole da ascoltare. Col suo carisma fu capace di trasmettere motivazioni e speranze alla squadra e alla città intera. Fu il primo artefice di un’impresa apparentemente impossibile. Il presidentissimo è stato il vero tesoro del Catanzaro” 

 

Dei suoi compagni di quel grande Catanzaro chi ricorda con più piacere e chi potrebbe definire come il più forte? 

Di compagni che mi hanno lasciato bei ricordi ce ne sono tantissimi, uno che tutti rammentiamo come simbolo di allora è di certo Angelo Mammì, un esempio di grande umiltà, un vero calabrese che lottava come un leone. Con lui avevo un gran rapporto. Ricordo che a tavola si sedeva sempre al mio canto e con grandi risate rubava sempre il mio bicchiere di vino ben sapendo che io ero astemio. Angelo purtroppo ci ha lasciati troppo presto.

Tra tutti i compagni il più forte con cui abbia mai avuto il piacere di giocare era sicuramente Pierluigi Busatta. Per quegli anni era un mediano atipico, forte tecnicamente e capace di andare spesso a rete, anche lui ragazzo umile e diligente e sono contento che sia stato ricompensato con una grande carriera

 

Conclude così Albino Barbuto, che tuttora vive nella città che gli ha dato i natali e le gioie calcistiche. Di anni ne sono trascorsi parecchi da quella storica promozione di cui lui stesso fu protagonista, ma seppur venga ricordato dai tifosi per l’ottimo calciatore che fu, Barbuto continua a mantenere un condotta umile e signorile, senza mai far pesare a nessuno i gloriosi trascorsi vissuti a cavallo tra il 1962 e il 1971. 

Come Albino Barbuto, tanti calciatori di quel Catanzaro hanno proseguito la loro esistenza all’insegna dell’umiltà che ha contraddistinto quella gloriosa squadra che diede lustro all’intera regione.

Quella indimenticabile formazione, ancora ricordata con entusiasmo dai tifosi, fu simbolo di riscatto per un’intera terra, donando gioia a chi con viscerale seguito sostenne quei ragazzi da ogni angolo del mondo.

Grazie a quella gloriosa squadra l’Italia intera conobbe il Catanzaro, ed ancora oggi nel cuore dei catanzaresi e non solo, alberga un sentimento di riconoscenza nei confronti di quei ragazzi che fecero cantare un’intera città.

Seppur le immagini di quelle vittorie siano prive di colori e appaiono sbiadite dal trascorrere dei decenni, rimangono incancellabili nella memoria di chi ama questo sport e soprattutto di chi ama l’Us Catanzaro.

Nella vita, come nel calcio, la storia è scritta dai vincitori, che tali rimarranno per sempre. 

 

Gabriele Scicchitano

Autore

Redazione

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12 Commenti

  • Ancora che ce la meniamo con questa cazzo di serie A, di Palanca e dei suoi gol dalla bandierina, sono 30 anni che siamo in serie c e fin quando non vi farete un bagno di umilta’ non andremo da nessuna parte. Riprendeteviiii

  • Grande Barbuto, uomo esemplare ed umile che ho il piacere di conoscere di persona. Pingu per te ho da dirti solo: NON PUOI SAPERE DOVE VAI SE NON SAI DA DOVE VIENI.

    • Cazzo Pingu che rabbia che mi fanno venire i personaggi come te. Tu devi essere uno di quelli che tifa catanzaro-Juve-Barletta-Reggina e da ieri sera atletico madrid, e che va a fare shopping a cosenza o a lamezia. Per favore un po’ di rispetto per i nostri padri.

      • Ma cosa dici!!! ho semplicemente detto che ce la meniamo troppo con questa serie A di 30 anni fa, non credo di poter essere smentito. E’ così. Poi qui tutti vogliamo il bene del Catanzaro mi pare…cosa c’entra che io secondo te sarei uno che tifa "Juve-Barletta-Reggina e da ieri sera atletico madrid". Ti sbagli di grosso, io sono uno dei pochi che segue solo il cz, il resto me ne frega poco. Stai sereno

  • se fosse stato cosi saremmo tornati in A da tempo ,,,,d’accordissimo e’ bello tenersi nel cuore e nella mente cio’ che siamo stati ma e’ anche doveroso pensare a quello che siamo ,,,cioe’ poco ,,,,,adesso e’ il tempo di pensare a tornare quantomeno a lottare per vincere un campionato di lega pro ,,,sarebbe gia’ un ottimo risultato

  • Vedo che avete preso la foto dal mio vecchissimo sito http://www.catanzaro1929.com con un ampia sezione dedicata alla salita in A. Sito storico che non aggiorno ma che rimane on line da 20 anni a memoria di chi non ha avuto la fortuna di avere visto il cz in A fortuna che ho avuto io, come leggerete sul sito.<br />
    Luca C. da Bergamo<br />
    Forza giallorossi sempre, senza se e senza ma.

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