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Chiudiamo un occhio, tutti a Milazzo

Scritto da Redazione
Delusi dal mancato arrivo di una punta? Nella terra di Polifemo c’è da sostenere chi da settembre tira la carretta. 

Una trasferta necessaria, ecco cosa rappresenta Milazzo. Sfiancati dall’ultimo giorno del mercato invernale, sentiamo tutti il bisogno di calcio giocato, di cross, passaggi filtranti, tiri in porta. Dopo l’arrivo shock di Giampà direttamente dal mondo del calcio (quello vero), del talentuoso Quadri dal Campobasso, della promessa D’anna dalla Fiorentina, e del napoletano Inox Sirignano da chissà quale cappello magico, era stato facile cedere alla fantasia.Il tifoso giallorosso ha creduto che qualsiasi calciatore fosse alla portata della propria squadra del cuore. Attaccanti esperti, giovani in rampa di lancio, nazionali sudamericani: chiunque finiva per essere inquadrato nel largo mirino di un popolo che fino a pochi mesi prima si arrabbattava tra Falomi e Marzeglia, Ferrara e Santaguida. Tutti a chiedersi chi avrebbe rappresentato l’ultimo tassello di una squadra finalmente in grado di competere per il primo posto. Godeas, Castillo, Corona, Doukara…Perfino quando alle 18.45 del 31 Gennaio il simpaticissimo presidente del Perugia Moneti acquistava Balistreri dichiarando “lo abbiamo soffiato al Catanzaro…e che volevano comprare tutto loro?“, il vero giallorosso non si è scomposto. Anzi, se possibile ha sognato ancora di più, sedotto da quel certo narcisismo misto ad ambizione dimostrato dal presidente Cosentino in questa epopea catanzarese.

Ma l’attaccante non è arrivato e ai tifosi, già miracolati dall’avvento di un vero proprietario dopo anni di venditori di bibbie, la delusione è durata lo spazio di una notte. Ora ci sono i “vecchi” numeri nove da sostenere: il bomber Masini, Mr. Crocodile Esposito, il tanke Bugatti. Domenica per loro sarà vita nuova. Senza il peso di un concorrente in più, sarà affidato a loro l’onore e l’onere dell’impresa. E quale miglior posto della Sicilia per ripartire? Milazzo è patria del Mito, qui pare infatti abbia dimora Polifemo, il ciclope con un solo occhio che catturò Ulisse e i suoi compagni. Ma questa città di 30mila abitanti è anche terra di battaglia e di santi. Nel 1860 Garibaldi guerreggiò con le truppe borboniche in un epico scontro. Dal castello in cui erano asserragliati, i borbonici lanciarano malamente un colpo di cannone che colpì la chiesa dei San Francesco di Paola. La palla si conficcò in una fiancata della struttura sacra ma non fece danni. Oggi c’è una targa a

memoria di quella giornata: l’ennesimo miracolo di San Francesco, si disse, il santo che visse a Milazzo per almeno quattro anni nel 1460. Uno dei tanti prodigi dell’ uomo che le cronache del tempo raffigurano come un Cristo. Già il racconto del suo arrivo in Sicilia e di quello che ne seguì è una storia fantastica: attraversò lo stretto sul suo mantello, in compagnia di un altro frate, rifiutò l’ospitalità dei nobili siciliani rifugiandosi all’ospedale cittadino dove guarì molti degli ammalati ricoverati. Resuscitò un condannato morto per impiccagione tre giorni prima e convertì molti milazzesi. Storia, mito, agiografie piene di miracoli: comunque la si veda Milazzo è luogo lontanissimo dalla banalità. È innanzitutto penisola nell’isola, sviluppandosi tra i due golfi di Milazzo e Patti. È  il naturale punto di partenza per le Eolie (fantastica la visione delle isole dal faro di Capo Milazzo) ma già essa sola rappresenta una meta turistica di tutto rispetto. L’antico borgo medievale ospita il Castello fortificato e il Santuario di San Francesco già citati, il palazzo dei Vicerè risalente al diciottesimo secolo e l’antica chiesa della Madonna del Rosario già sede del temutissimo Tribunale della Santa Inquisizione. Molto particolare è il quartiere Vaccarella, zona di pescatori dove tra reti e rumore di motori ogni mattina è possibile acquistare direttamente dalle barche il pesce appena pescato. In certe notti la visione di Milazzo e delle mille luci del suo borgo antico è cosi splendente che perfino un mostro necessario all’economia come la raffineria che Eni e Kuwait Petroleum (80mila barili al giorno) gestiscono alla periferia della città pare un dettaglio trascurabile. E se non bastassero la natura o le antiche opere dell’uomo a convicervi che Milazzo merita molto più di un’occhiata distratta pensate alla sua cucina. Nei piatti milazzesi regnano ovviamente le ricette a base di pesce cucinato a regola d’arte in decine di modi diversi. Un piatto tipico è il “Piscistoccu alla messinese o ghiotta bianca“, un merluzzo cucinato con olive bianche, capperi, prezzemolo e aglio. Potrete abbandonarvi alla semplicità di primi che vanno dalle zuppe di pesce alla pasta con il nero di seppia e cedere alla freschezza di secondi piatti a base di pesce cotto alla brace o in padella. Tutto bagnato da un Mamertino di Milazzo, bianco Doc. Se non volete cadere nella consueta dolce trappola dei “Cannoli siciliani” a base di ricotta e canditi, i dolci di pasta di mandorle, i gelati, le granite e i “Piparelli” (biscotti con mandorle e miele) fanno decisamente al caso vostro. Nei millenni numerose forti e ricche civiltà giunsero a Milazzo, vi si stabilirono e scomparvero per sempre. Il calcioturista, consapevole per definizione, conosce la lezione: rispetto, prudenza, curiosità intellettuale e sciarpa in bella mostra solo dentro l’impianto, il Grotta Polifemo.

Fabrizio Scarfone

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