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La morte di Marulla. La fine di un’epoca

Scritto da Redazione
Ricordo di un avversario leale, simbolo del calcio di provincia impregnato di sudore e valori

Sono passati quasi 12 anni da . Raccontavo della mia prima volta al “Ceravolo”, del mio primo derby. Spiegavo i motivi per cui la scomparsa del Cosenza dalle mappe del calcio, divorato dalla gestione Pagliuso, era una perdita grave anche per noi catanzaresi. I tifosi delle generazioni precedenti erano cresciuti con la serie A, con il derby del Sud contro il Napoli, con Mazzola, Rivera, Platini, Falcao e tutti gli altri.

La mia generazione è cresciuta con un altro derby, quello con il Cosenza. E anche se gli incroci non sono stati numerosi, per tutti noi Gigi Marulla era il Cosenza come Massimo Palanca è il Catanzaro. I due si sono solo sfiorati, nella stagione 89-90, l’ultima per il nostro re con soli due gol e una brutta retrocessione, la prima di otto campionati consecutivi in B per il Cosenza dopo il ritorno di Marulla. Il bomber di Stilo era la bandiera dei cugini, sventolata con orgoglio davanti ai baffoni di Palanca.

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Per tutti noi Gigi Marulla era l’avversario più temibile, il calciatore più odiato e schernito dalla curva. Proprio perché Marulla era il Cosenza e se vuoi deridere il tuo avversario devi per forza colpirne i suoi simboli. Come Palanca aveva tentato la sua avventura al Napoli, così Marulla andò al Genoa prima di tornare nella terra che più gli aveva dato soddisfazioni, per diventarne un simbolo da tramandare alle generazioni future di tifosi.

Palanca e Marulla, due carriere diverse, due facce dello stesso calcio di provincia. Un calcio fatto di strette di mano, di sudore, di fisici normali, di esultanze contenute, di stadi stracolmi pronti a ruggire ad ogni gol. Gigi Marulla, dietro quel volto segnato dalle rughe e scolpito dal sole del Sud, era un attaccante che sapeva fare tutto e che oggi potrebbe insegnare calcio a tanti ragazzotti pieni di sogni e di tatuaggi. Per questo si era dedicato alla valorizzazione dei giovani, alle scuole calcio e a qualche esperienza in panchina.

La sua morte, improvvisa e prematura, ci colpisce e ci addolora. È una pagina di vecchio calcio che si chiude bruscamente in un torrido pomeriggio calabrese. Per lui, Gigi Marulla, professione attaccante, c’è un posto riservato nell’eternità. Con una maglia rosso-blu, il numero nove e la fascia da capitano stretta al braccio.

 

logotwitterIvan Pugliese

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