De Magistris e le fabbriche del crimine

Tratto da un articolo apparso sull’edizione di ieri dell’Unità

Conosco molto bene le tecniche criminali dell’uso dei dossier messe in atto da pezzi deviati delle Istituzioni per distruggere servitori dello Stato, delegittimare e diffamare avversari politici, massacrare imprenditori, inquinare la vita democratica. Ho ricostruito, quando ero pubblico ministero a Napoli, nel 2001, una centrale criminale (composta da carabinieri, faccendieri, imprenditori, politici) che era al servizio di poteri forti ed occulti, per distruggere magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, politici, personaggi pubblici, professionisti. Lo scenario che condusse ad arresti eccellenti era inquietante e sconvolgente. In quel procedimento si trovano continuità con apparati di tipo piduistico e molte analogie con quello che è, poi, accaduto a Milano con i Mancini e Tavaroli di turno.

Ho vissuto, poi, sulla mia pelle, da pubblico ministero a Catanzaro, le tecniche che queste fabbriche del crimine utilizzano per distruggere le persone ed impedire le indagini della magistratura. Accessi abusivi al computer, captazione illegale di notizie riservate, acquisizione di dati di traffico telefonico: per depistare, mettere in pericolo le inchieste e l’incolumità delle persone. I contesti che operavano erano (e sono) pezzi deviati di strutture investigative in contatto con esponenti politici, professionisti, soggetti istituzionali. Nel mio caso la strategia di delegittimazione e di ostacolo è stata condotta e portata a compimento in modo bipartisan: a dimostrazione che la nuova P2 non è affatto strabica e che taluni di quelli che oggi scoprono le fabbriche dei dossier hanno utilizzato polpette avvelenate quando si trattava di “coprire le spalle” ai centri di potere a loro vicini.

Le fabbriche di avvelenamento della vita democratica utilizzate dai poteri forti ed occulti non hanno colore politico. Sono pluricromatiche e per non rovinarsi utilizzano, talvolta, il grembiulino.

Veniamo agli eventi degli ultimi mesi, dove si intravede il burattinaio (anche lui piduista). Avevo scritto quello che sarebbe accaduto già diversi mesi fa. Ebbi riscontro indiretto anche in una trasmissione televisiva – alla quale partecipai insieme al piduista Cicchitto – quando disse, anche quale componente del comitato parlamentare sui servizi segreti, che non era il caso di continuare con questa storia del gossip delle escort di Berlusconi, in quanto vicende di quel tipo caratterizzano un po’ tutti.

Il punto è questo. Berlusconi ha subito un danno di immagine popolare molto grave dalla vicenda, ormai nota, che lo ha fatto passare alla cronaca quale utilizzatore finale. Negli ambienti ecclesiastici, all’estero, tra le famiglie. Un crollo etico più grave di quello derivante dai procedimenti penali ai quali il popolo italiano si è assuefatto. Questo preoccupa il dittatore di Arcore che gettando la maschera ha detto che chi è eletto dal popolo è al di sopra delle legge. Pur non essendo stato eletto dal popolo, sa bene, da grande comunicatore, che egli non può perdere il consenso: che seppur drogato è la sua salvezza.

Come recuperare. Per lui è facile, avendo un controllo massiccio di mezzi di comunicazione e potendoli utilizzare in modo servente ai suoi interessi. Si opera, quindi, in una duplice direzione. Dimostrando che le condotte di vita di altri personaggi pubblici sono simili alle sue (e che anzi egli non è altro che un donnaiolo italico) ed intimidendo chi disturba il suo agire politico.

La vicenda Boffo per distruggere ed intimidire quella parte del mondo cattolico che stigmatizza le sue condotte private e la confusione tra pubblico e privato in un conflitto di interessi vivente. La mortificazione della moglie attraverso la pubblicazione delle foto su Il Giornale. L’attacco al Presidente della Camera reo di smarcarsi dal moloch berlusconiano. Il massacro del Giudice Mesiano colpevole di aver emesso una sentenza a lui sgradita. La vicenda Marrazzo gestita da Berlusconi attraverso il controllo del prodotto del reato mostrando il volto ipocritamente umano di chi ha cercato di salvarlo. Gli attacchi durissimi che fa condurre, quotidianamente, contro i suoi avversari politici e verso i servitori dello Stato che si ostinano a svolgere le loro funzioni.

La mattanza non è finita. La strategia della tensione è in atto per distruggere i più temibili avversari politici. Per fermare i magistrati liberi, bravi ed onesti. Per delegittimare i giornalisti indipendenti e coraggiosi. Per massacrare tutti quelli che si mettono di traverso verso la corsa al totalitarismo che ha come obiettivo la distruzione della Costituzione. Queste centrali del crimine si avvalgono anche di pezzi deviati di strutture investigative che sempre di più inquinano la democrazia del nostro Paese e che andrebbero individuate al più presto. Chi ci prova, però, salta. Sono fili ad altissima tensione. Sono fili che percorrono la storia del nostro Paese.

Autore

Salvatore Ferragina

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