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FEBBE (PD): “TENER CONTO DELLE PAROLE DEL PAPA PER LA TUTELA DEL LAVORO”

Sono state parole importanti quelle di Benedetto XVI pronunciate dopo l’Angelus di Domenica scorsa e relative al problema del lavoro. “ Serve grande senso di responsabilità di tutti e bisogna fare  tutto il possibile – ha detto il Papa –  per tutelare e far crescere l’occupazione, assicurando lavoro dignitoso e adeguato al sostentamento delle famiglie”.Un appello che ha sollecitato anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: “Tocca alle imprese – ha sostenuto – esprimere quanto più quella responsabilità sociale che deve indurre a non compiere frettolose scelte di ridimensionamento occupazionale dopo aver avuto lunghi anni di utili e, magari, aiuti pubblici”.Anche le aziende della nostra città devono riflettere su questo delicato problema che riguarda non soltanto le grandi imprese ma soprattutto le Pmi. Sono infatti molti i lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro in città. Dopo tanti anni, padri e madri di famiglia si ritrovano in condizioni di estrema povertà, sono deboli, non possono garantire un futuro sereno ai loro figli e questo crea problemi sociali. E’ inimmaginabile che oggi vengano sacrificate persone soltanto per il fatto che la tecnologia è sempre più presente negli ambienti di lavoro. Se a questo aggiungiamo la drammatica situazione occupazionale che esiste in Calabria,  c’è da chiedersi come sia possibile pensare che un uomo avanti con l’età possa reintegrarsi nel mondo del lavoro una volta licenziato. E poi c’è da stigmatizzare l’operato di alcuni imprenditori spregiudicati che rubano le risorse comunitarie senza creare reali posti di lavoro. Datori di lavoro che non danno il giusto salario all’operaio, pur facendo firmare una busta paga molto più alta. Mi chiedo a cosa gli servano quei soldi che intascano. Non certo a sopravvivere, non certo a investire per la crescita della propria azienda. Piuttosto a soddisfare i propri frivoli bisogni:  per comprarsi la macchina nuova o l’ultimo modello hi –tech. Si pensi soltanto un momento a che cosa potrebbero servire quei soldi a una famiglia con figli: acquistare un libro nuovo o un giubbino al figlio,  comprare i generi di prima necessità,  pagare una tassa. E invece tutto questo non è possibile. Nella sua ultima opera, Mysterium iniquitatis, Sergio Quinzio ( teologo, filosofo, scrittore e giornalista tra i più originali del XX secolo) propone una gerarchia di colpe diversa dal consueto: per lui quelle omissive sono più gravi di quelle commissive. Non fare, non parlare e non pensare è peggio che operare in senso sbagliato. Anche non pagare il salario è colpa omissiva. In un certo senso è più grave che rubare. Perché avvenga un furto occorre che il derubato possieda qualcosa. I nullatenenti vivono in grandi difficoltà, ma non temono di essere derubati. Invece chi campa solo del proprio lavoro, nel caso in cui non riceva il salario, è esposto letteralmente alla fame. Il non pagare il salario è tra le colpe più grandi. Ecco: credo che chiunque decida di fare impresa debba leggere Sergio Quinzio e mettere in pratica quelli che sono atteggiamenti non ce

rto straordinari ma soltanto di buon senso”.

Autore

Salvatore Ferragina

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