Sopravvivenza e manganelli. La Calabria nella crisi globale scopre le sue carte

 

 

 

Non mi piace assistere allo spettacolo della bassezza umana, mi ripugna star seduto, come un giudice o uno spettatore, a guardare gli uomini mentre scendono gli ultimi scalini dell’abbiezione: temo sempre che si voltino indietro e mi sorridano

Curzio Malaparte

 

 

Tutti dovrebbero guardare con attenzione le immagini che CatanzaroInforma.it ha pubblicato sul suo canale Youtube, perchè potrebbero rappresentare i primi momenti di un lungo e drammatico film che andrà in scena a breve nelle città calabresi. Si tratta delle riprese relative alla carica che ieri la polizia di stato, il nostro Stato, ha lanciato contro i dipendenti della Lirosi, ditta di autolinee in crisi che non paga da mesi i propri lavoratori.

La questione “Lirosi” pare la solita storia calabrese di favori, contributi a pioggia, assenza totale di una strategia aziendale. La solita storia complessa, sbagliata, viziata sin dall’origine dall’assenza di regole del mercato e in cui – come spesso accade tra i confini di questa odiosa terra- nessuno appare innocente. Una storia che però coinvolge lavoratori del tutto incolpevoli, spesso cinquantenni, che si vedono da tempo con un piede nella fossa.

Il dramma di chi perde il proprio lavoro è davvero difficile da comprendere e definire in poche righe. Si tratta di qualcosa che per certi versi è molto simile a un lutto. E di certo è un dramma ancora peggiore se colpisce chi, non essendo giovane da un pezzo, non può neanche pensare di scappare via, di EMIGRARE (tanto per usare un verbo che ormai pare politicamente scorretto). Nella stragrande maggioranza dei casi, da queste parti perdere il lavoro in età adulta vuol dire morire prima che il cuore smetta di battere. E non si tratta solo di immagini letterarie.

Nelle ultime ore i dipendenti Lirosi hanno protestato duramente in città, una città di sicuro non abituata a vedere quanto sporca, dura e violenta possa essere la lotta per la sopravvivenza. Perchè senza retorica, questa “è” una lotta per la sopravvivenza. E quando si lotta per la sopravvivenza, i disagi più o meno pesanti che i cittadini catanzaresi hanno subito in queste ore, sono quanto di “meno peggio” possa capitare.  Curzio Malaparte nel suo “La pelle” scrive che “gli uomini sono capaci di qualsiasi vigliaccheria per vivere: di tutte le infamie, di tutti i delitti. Quando gli uomini lottano per vivere, tutto, anche un barattolo vuoto, una scorza d’arancia, una cicca, una crosta di pane, un osso spolpato, tutto, ha per loro un valore enorme, decisivo“. 

La Calabria è in crisi da anni, secoli, forse da sempre. Oggi alla nostra crisi si affianca quella dell’Italia, dell’Europa e di molti dei paesi che hanno guidato il mondo negli ultimi tempi. Così, d’un tratto, il paracadute su cui abbiamo sempre contato (sbagliando il più delle volte), si scopre bucato, inutilizzabile. I tagli agli enti intermedi dello stato centrale costringono spesso a drastiche inversioni di rotta e tutto quanto prima era sicuro e garantito, ora diventa incerto, precario.

I servizi essenziali, dalla sanità ai trasporti sono ogni giorno di più a rischio, e quando non lo sono producono danni spesso irreparabili.

E chi governa la Calabria cosa fa? La ‘ndrangheta continua indisturbata i propri giochi di sangue e denaro…  anzi riacquista uno dei propri capi indiscussi, Antonio Pelle di San Luca, con una spettacolare e annunciata evasione dall’ospedale di Locri (). La massoneria continua a spostare giudici, a decidere concorsi e processi. I politici continuano a ingrassare ad ogni legislatura (non importa di quale colore) e a oliare i soliti meccanismi per amici,  membri e simpatizzanti delle organizzazioni di cui sopra.

I volti pasciuti dei consiglieri regionali da 15mila euro al mese appaiono sui giornali e nelle televisioni locali senza vergogna. Parlano di politica nazionale, sviluppo e mignotte repubblicane mentre digeriscono ruttando il piatto migliore del menu del giorno.

La politica invia la polizia a manganellare i manifestanti (non si dica mai che un treno regionale possa arrivare in ritardo per cause non imputabili a Trenitalia!). E la violenza di quell’arma che piomba su braccia, mani, volti di chi mai avrebbe creduto di torvarsi a difendersi dalle forze dell’ordine, colpisce tutti noi. Ogni colpo cade dritto, potente, senza scampo anche sulle nostre teste.

E allora viene da chiedere perchè. Pechè quelle direttive alle forze dell’ordine? Perchè quella violenza da chi, in un contesto tanto oscuro e malato come il nostro, dovrebbe operare ogni giorno per mostrarsi chiaramente dalla parte dei cittadini? 

La polizia, la nostra polizia, dai vertici all’ultimo degli agenti ha il dovere assoluto di proteggere i cittadini. Anche da chi ordina il contrario.

Fabrizio Scarfone

f.scarfone@uscatanzaro.net

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