Intervistiamo

La Lombardia pagherà gli studi della figlia di Lea Garofalo

Scritto da Redazione

Il consiglio regionale della Lombardia ha approvato all’unanimità una mozione che impegna la giunta a «farsi carico degli studi» di Denise Cosco, la figlia di Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia crotonese rapita a Milano e poi sciolta nell’acido nel 2009.

A presentare il documento è stato il consigliere regionale di Sinistra e Libertà Giulio Cavalli, alla vigilia della 17esima giornata nazionale in ricordo delle vittime della mafia.

La mozione impegna il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e la giunta «ad adoperarsi con tutti gli strumenti a disposizione affinché sia assicurato il diritto allo studio a Denise», che attualmente vive in una località protetta, finanziando una borsa di studio per la ragazza, parte civile nel processo dove figura fra gli imputati anche il padre, legato alla ‘ndrangheta, accusato dell’omicidio di Lea Garofalo. «L’aspetto simbolico è importantissimo, perché l’istituzione si fa carico del lutto – ha commentato Cavalli – in questo paese gli eroi hanno il diritto di non sentirsi soli e di provare a rifarsi una vita normale. Auspichiamo che venga creato un fondo dedicato ai testimoni di giustizia».

Red

Su Denise Garofalo

«Orgogliosa testimone di giustizia». Così si sente Denise, 19 anni, la figlia di Lea Garofalo. Sua madre, collaboratrice di giustizia,scomparve tra il 24 e il 25 novembre 2009 a Milano. Nel 2006, per stare vicino alla figlia, aveva abbandonato il piano di protezione, lasciando la località segreta dove viveva. Quel pomeriggio di novembre Lea aveva appena partecipato a una riunione di famiglia per decidere dove la figlia avrebbe proseguito gli studi dopo le superiori. Era un pretesto: l’ex compagno e padre di Denise, Carlo Cosco, affiliato alla ‘ndrangheta, aveva incaricato i suoi complici di rapirla, torturarla, ucciderla e scioglierla in 50 chili di acido, per punirla per la sua collaborazione con la giustizia.

Denise, inserita nel programma di protezione, non ha potuto essere presente in aula ma le sue parole sono state riportate dalla sua legale, Vincenza Rando. Davanti alla Prima Corte d’Assise di Milano ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo che si è aperto a carico dei 6 imputati coinvolti, secondo l’accusa, nella vicenda. Tra questi c’è suo padre. La Corte ha ammesso come parti civili, oltre a Denise, anche la madre della Garofalo, Santina, e la sorella, Marisa, e il Comune di Milano. Non sono state ammesse, invece, la Provincia di Crotone e la Regione Calabria, perché i fatti al centro del processo sono avvenuti tra Milano e Monza. La ragazza segue costantemente, a distanza, gli aggiornamenti del caso. «Dall’esito del processo riparte la sua nuova speranza» ha affermato la legale, ribadendo che la 19enne è orgogliosa della «scelta di libertà», anche «contro il padre. Con forza vuole giustizia», ha spiegato. L’avvocato inoltre ha chiarito che la ragazza «ha sempre percepito» che quelle persone che le stavano accanto, tra cui il padre Carlo Cosco, avevano ucciso la madre con un metodo da «lupara bianca». Denise è convinta del quadro accusatorio formulato dalla procura milanese, secondo cui anche il suo ex fidanzato avrebbe concorso nell’occultamento del cadavere della madre. «Aveva percepito – ha sottolineato il legale – che per un po’ era stata con persone che potevano essere coinvolte nella scomparsa della madre».

 

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