Bova: se fossi assessore mi dimetterei

Il Corriere della Calabria intervista il consigliere Pd sulla vicenda Rimborsopoli

Arturo Bova, consigliere regionale Pd«Se io fossi assessore mi dimetterei, senza se e senza ma».

La frase del consigliere regionale Pd Arturo Bova arriva alla fine di una lunga premessa. Bova proviene dai circoli del Pci del suo paese, Amaroni, dove, ricorda, c’erano i televisori e si andavano a sentire le notizie. Di professione avvocato penalista, eletto alla Regione con la lista dei Democratici progressisti, Bova è un fiume in piena, difficile da arginare ma facile da pungolare. A questo punto, guardando alle macerie di ciò che è rimasto del Partito democratico, e del Pd calabrese in particolare, nel dopo Rimborsopoli, la domanda nasce spontanea.

Bova, ci dica qualcosa di sinistra.
«Dire qualcosa di sinistra è difficile. Quando ti ritrovi davanti a fatti così gravi, mi riferisco anche a Rimborsopoli, che coinvolgono il mondo della sinistra è veramente uno sgomento, anzi, è l’offesa più grave. La differenza la fa il fatto che non si tratta dell’agire privato di un singolo ma di coloro che si professano portatori di determinate ideologie.

Allora si arriva all’assurdo. Io non dimenticherò mai quando, ero ragazzino, nella sezione del Pc di Amaroni, il mio paese, c’era il televisore e noi andavamo a vedere le notizie relative al primo caso di scioglimento di comune amministrato dal Pci. Io ricordo un centinaio di persone, uomini e donne e tutti a piangere disperati. Io ricordo l’incredulità. Dicevamo: è un infiltrato, non è uno dei nostri».
Torniamo al caso Rimborsopoli.
«Mario Oliverio ha detto con schiettezza che i risultati delle indagini sono “gravi”, non ha giustificato nessuno. Questo significa, dal suo punto di vista, che l’indagine è fondata».
E per quanto riguarda le posizioni degli assessori Carlo Guccione, Enzo Ciconte e del presidente del Consiglio Tonino Scalzo?
«Premetto che li stimo tutti e tre. Abbiamo letto dai giornali che sembra che Ciconte e Guccione non si dimettono perché non si dimette Tonino Scalzo. C’è da premettere che le ipotesi contestate loro – a differenza di De Gaetano per il quale si parla di centinaia di migliaia di euro – riguardano cifre molto inferiori. A ciò si aggiunga che Enzo Ciconte aveva cominciato a operare delle restituzioni sulle spese.

Nel caso specifico non ci sono state le spese della fidanzata, dell’amante, spese voluttuarie e personalissime. Non è il televisore che viene portato da dentro a fuori, abbiamo assistito anche a queste scene».
Però…
«Però… il fatto c’è stato e non voglio minimizzare quello che è avvenuto, non vorrei che venisse presa come una sorta di giustificazione, no. Se io fossi assessore mi dimetterei, senza se e senza ma. L’assessore deve capire una cosa: per chi ama la politica, per chi ha un’ideologia, per chi ama il proprio partito, ci sono momenti in cui si dà la solidarietà al singolo ma ci sono momenti in cui bisogna fare un passo indietro.

La posta in palio è troppo alta, c’è in ballo la tenuta dello stesso sistema democratico. E poi c’è la dignità di una persona. Se te lo stanno chiedendo tutti, gli osservatori, i mass media, i giornalisti, gli opinionisti, i politici, lo stesso partito nazionale chiede a tutti un passo indietro. Io lo farei senza che me lo dicesse nessuno».
Ma se questo non dovesse avvenire?
«Se non lo fanno, qui il presidente Oliverio è chiamato a una grande responsablità: dovrà avere il coraggio di dimostrare di tenere fede a quella frase che ha detto di recente: “Io non sacrifico la mia vita”. Una frase che lascia ben sperare che ove non ci dovesse essere un’assunzione di responsabilità, allora interviene il presidente».
Lei ha totale fiducia in quelle che saranno le scelte di Oliverio?
«Ho fiducia, ma un appunto lo voglio muovere, altrimento sarei falso, perché Mario Oliverio rischia anche di commettere un grande errore. Lunedì nominerà la giunta.

Mi auguro che l’esecutivo noi non lo veniamo a conoscere dai giornali. Mi auguro che ci sia una riunione di maggioranza nella quale si faccia il punto nel momento più delicato della nostra politica. Non credo che avremo un momento più delicato nei prossimi cinque anni. Se ci fosse stata una riunione di maggioranza credo che avremmo aiutato tutti e tutto nella risoluzione di questo problema. Questo è stato un errore che non deve essere più ripetuto in nessun settore. Bisogna imparare ad ascoltare tutti, anche chi gestisce i circoli. La base insomma».
A proposito di coinvolgere tutte le parti del Pd nelle scelte che si operano, di recente è stata nominata la commissione di garanzia per il congresso provinciale di Catanzaro che si terrà a novembre. Ci sono Tonino Barberio, per l’area renziana, Antonio Menniti (area dem), Vincenzo Mazzei e Domenico Giampà per l’area cuperliana. Mancano i democratici progressisti…
«Per me questa non è una commissione di garanzia. Garanzie le danno le persone che sono super partes. Questo è uno scontro che c’è da anni nel partito tra gruppi, tra fazioni, che si celano dietro riferimenti nazionali ma sono posizioni di rendita personale per determinati gruppi sui territori.

E qui la commissione di garanzia è stata una rappresentanza di questi gruppi. Le dico subito, a scanso di equivoci, io sono l’unico consigliere che non ha nessuna rappresentanza in quella commissione. Non sono stato interpellato, non sono stato chiamato, non ho persone di riferimento, è una commissione che nasce già male per come è stata impostata».

A questo punto il consigliere Bova diventa un fiume in piena, difficile da arginare.
«Se noi dalla fusione tra Dc e Pc dovevamo ereditare dalla Dc solo il correntismo, beh… se permettete di correnti ce ne sono fin troppe. C’è un momento in cui ci deve essere calma piatta, non vento, non correnti.

Ci dobbiamo sedere tutti. Quello che auspico è che Magorno non convochi l’assemblea di area dei renziani ma convochi l’assemblea generale del partito. È un momento tragico e delicatissimo, assieme dobbiamo trovare il bandolo di questa matassa».
I segretari provinciali di Reggio (Sebi Romeo), Vibo (Michele Mirabello) e Catanzaro (Enzo Bruno), ricoprono cariche elettive in contrasto con quanto stabilisce lo Statuto del partito.
«A mio avviso andrebbero commissariati immediatamente. C’è un tasso di incompatibilità grande quanto una casa e talmente evidente che non avrebbero dovuto proprio candidarsi. È una vergogna perché lo si sapeva prima e non ci si doveva mettere in quelle condizioni di incompatibilità».
Cos’è che ha minato, secondo lei, le elezioni amministrative?
«Lamezia l’abbiamo persa perché i vari gruppi hanno cercato di fare i propri interessi e chi era demandato a sanare le frizioni invece le ha acuite. E poi c’è stato il caso Soverato in cui io sostenevo la lista civica di Ernesto Alecci, che ha vinto, mentre il Pd sosteneva Moraca e una lista con pochissimi rappresentanti del partito.

Lo ricordo come una ferita aperta. Noi eravamo al Miramare a presentare la nostra lista e a 100 metri di distanza si presentava questa lista a bassa concentrazione di Pd e c’erano tutti, e tutti a dire “il Pd è qua”».
Si parla di lei come presidente della Commissione regionale antimafia. Ma, dati gli scadenti risultati sempre prodotti da questa commissione, crede che sia necessaria?
«La Commissione antimafia non l’hanno mai fatta funzionare. Ma dovrebbe avere un valore superiore a quella nazionale. Noi siamo la patria della ‘ndrangheta, la più grande organizzazione criminale al mondo, la più potente.

La Commissione antimafia dovrebbe essere fatta addirittura prima della giunta. È più importante della giunta stessa. Non è uno strumento qualsiasi in Calabria. È come dire che in Calabria non serve l’università perché tanto non c’è lavoro. E io sarei felicissimo di occuparmi di quel settore. Io non cerco assessorati, non cerco altro ma mi piacerebbe farne parte, anche perché so di possederne le competenze».
A proposito di criminalità, lei ad aprile ha subìto un attentato. Le sue due auto sono state date alle fiamme. Come ha reagito? Ha idea del perché?
«L’ipotesi delittuosa non ha una matrice ben definita. Su chi possa essere stato ovviamente io ho la mia idea anche se non posso esternarla per rispetto delle indagini. Di una cosa sono sicuro, non ho problemi sul lavoro, non molesto le donne altrui e allora la matrice viene dall’impegno sul territorio e da tutte le battaglie che ho condotto soprattutto sul piano ambientale. Purtroppo ci sono tanti che hanno subìto e subiscono molto più di me, sindaci piccoli amministratori e magari non si dice nulla. La Calabria è un coacervo di cattivi esempi da questo punto di vista. Però si va avanti».

 

Alessia Truzzolillo

corcal

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Redazione

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