Catanzaropoli: il silenzio di Abramo dopo la bufera

Sergio AbramoCatanzaro è tornata a fremere. A fasi alterne, che coincidono con l’andamento sinusoidale delle notizie relative a “Catanzaropoli“, nel capoluogo di regione oggi non si fa altro che commentare l’ennesimo capitolo di un’inchiesta giudiziaria che coinvolge a vario titolo amministratori, presenti e passati, forze di polizia locale e cittadini mostrando il ventre molle fatto di legami e cointeressi che scorrono sotto la paciosa facciata di una cittadina apparentemente tranquilla.
Così, tra chi nei bar commenta con ironia le prime pagine dei giornali e chi sui social network si scandalizza per un’altra inchiesta tra le stanze di Palazzo de Nobili, i diretti interessati dalle indagini non hanno mostrato alcuna frenesia nel dichiarare “fiducia nella magistratura che dovrà comunque fare il suo corso” affermando comunque la propria “totale estraneità ai fatti”.
Anche se non direttamente colpito dall’inchiesta, il sindaco Sergio Abramo – interpellato tramite l’ufficio stampa – non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, mentre disponibile a fornire il suo punto di vista è stato Domenico Tallini, consigliere regionale e comunale, al quale i pm Dominijanni e Viscomi contestano il reato di abuso d’ufficio in concorso con il consigliere comunale Carlo Nisticò e il tenente colonnello dei vigili urbani Salvatore Tarantino per aver avuto un ruolo nella mancata elevazione di sanzioni pecuniarie al titolare di un ristorante dovute per alcuni presunti abusi edilizi sulla struttura: «Ancora non mi è stato notificato nulla – spiega Tallini -, pertanto ancora non so che cosa mi si contesti realmente. Quello che posso dire è che non conosco il signor Megna (il titolare del ristorante, ndr) e non so come avrei potuto interferire con il lavoro dei vigili urbani per aiutarlo.

Inoltre, da quello che sono riuscito a ricostruire stamattina sulla vicenda, credo che lo stesso Megna il giorno dopo che gli era stato elevato il verbale per alcune presunte irregolarità, abbia avuto modo di dimostrare come quelle irregolarità fossero state sanate e il verbale sia stato annullato.

Ma al di là del fatto specifico, credo che tutta la vicenda che mi riguarda sia una forzatura, mi pare di leggere un giudizio politico sul mio lavoro. In generale, ho la sensazione che quando mi espongo per risolvere i problemi della gente, mi si accusa di fare clientelismo».
Quanto all’opposizione in consiglio comunale, l’unica voce che si è pubblicamente levata è stata quella di Vincenzo Capellupo (Pd), che già nelle ore immediatamente successive allo scoppio del caso, aveva affidato ad un comunicato stampa il proprio sdegno: «Continua ad emergere il torbido al Comune di Catanzaro – scriveva ieri il consigliere dem – e le ultime indiscrezioni di stampa danno per l’ennesima volta sostegno alle tante denunce pubbliche fatte in questi anni dall’opposizione di centro sinistra.

Lo spaccato che si manifesta è quello di uno squallore che coinvolge politica, amministrazione e cittadini in una logica nella gestione della cosa pubblica evidentemente malata, che provoca solo vantaggi ai singoli e danneggia l’immagine del Capoluogo.

Lo ripeto e lo ripetiamo da mesi tra paralisi amministrativa, rimpasti inutili, problemi etici e giudiziari questa esperienza Abramo è giunta al capolinea ed al sindaco tocca un ultimo atto di dignità quello di riconoscere il proprio manifesto fallimento e mettere fine all’agonia a cui sta irresponsabilmente sottoponendo Catanzaro. Abramo si dimetta».
Un’entrata a “gamba tesa” sul sindaco che – come detto – questi non ha raccolto.

Eppure, il dato politico che viene fuori dalle carte dell’inchiesta, sommando i tre filoni più quello relativo all’affare “firme false” per la presentazione della lista civica “Per Catanzaro”, restituisce un quadro pesante per Abramo: la lista degli assessori (ormai ex) che in tre anni e mezzo si sono alternati sugli scranni di Palazzo de Nobili e che hanno ricevuto un avviso di garanzia è lunga.

Si parte da Massimo Lomonaco, ispiratore del movimento “Per Catanzaro”, passando per Stefania Logiudice, Giovanni Merante, Rita Cavallaro e Gianmarco Plastino.

Per non contare poi i consiglieri comunali che sostengono o hanno sostenuto a occhi chiusi l’azione del sindaco: i già citati Tallini e Nisticò, oltre a Franco Leone.

E poi tutti i tecnici, i dirigenti comunali e i Vigili Urbani il cui coinvolgimento – se le responsabilità dovessero essere accertate – non farebbe altro che confermare come il Comune non sia realmente in mano a chi è stato scelto dai cittadini per amministrarlo.
Proprio in questo senso, è da registrare la nota della sezione provinciale della Cgil, che tramite il suo segretario generale Giuseppe Valentino commenta: «La città capoluogo di Regione è ostaggio di forze che con la democrazia e la politica fanno fatica a convivere.

Le numerose inchieste sembrano non preoccupare né scalfire i rappresentanti del governo cittadino, che continuano ad amministrare (a singhiozzo, tra l’altro) settori strategici per la vita dei cittadini nonostante tutto. La Cgil non chiede più al sindaco di fare delle riflessioni sul suo mandato: ci pare un esercizio inutile, visto che non sembra provare alcun disagio per tutte le inchieste a carico della sua compagine amministrativa e dei suoi sostenitori. Come sindacato siamo impegnati a favorire la costruzione di un’alternativa che possa far vivere il capoluogo di Regione come opportunità per tutta la Calabria ed i suoi cittadini».

 

Alessandro Tarantino corrierecal

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