Intervistiamo

Svimez, gli imprenditori prefericono la Lombardia, Calabria solito fanalino di coda

La nostra regione in fondo alla classifica con il punteggio di 1,73
 

Con un punteggio superiore a 4 su 5 è la Lombardia la regione preferita dagli imprenditori italiani per insediare nuove imprese, seguita da Emilia Romagna (3,92), Veneto (3,86), Piemonte (3,58). Abruzzo (2,59) e Puglia (2,47) in testa alle regioni del Sud, Calabria in coda (1,73) e vicina, nelle quote basse, c’è la Sicilia (1,99).

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Gli industriali italiani continuano a percepire il Mezzogiorno e l’Isola come aree più arretrate di quanto non sia in realtà e lamentano soprattutto la carenza di servizi di trasporto e la presenza della criminalità quali fattori che inibiscono dall’insediare imprese.

Sono solo alcuni dei dati emersi dallo studio “L’attrattività percepita di regioni e province del Mezzogiorno per gli investimenti produttivi” di Dario Musolino, pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della Svimez diretto da Riccardo Padovani ed edito da Il Mulino.

Condotto su un campione di 225 imprese con sede in Italia, di diversi settori merceologici e almeno 20 addetti, lo studio si propone di analizzare in quali regioni e province italiane gli imprenditori preferiscano insediare un’azienda, e per quali motivi. Con un punteggio superiore a 4, dunque, è la Lombardia la regione preferita dagli imprenditori italiani, seguita da Emilia Romagna (3,92), Veneto (3,86), Piemonte (3,58), Toscana (3,37), Trentino Alto Adige (3,34).

Decisamente diversi i valori nelle regioni del Sud: se Abruzzo e Puglia si collocano a metà della forbice con valori attorno al 2,5 (Abruzzo 2,59; Puglia 2,47) e Basilicata e Molise superano anche se di poco il 2 (Basilicata 2,06; Molise 2,18) le altre si trovano sotto tale soglia psicologica. Campania e Sicilia sono infatti quasi allineate rispettivamente sull’1,98 e 1,99, la Sardegna si ferma a 1,88. In fondo alla classifica la Calabria, con il punteggio di 1,73.

In Sicilia, Catania supera Palermo di poco (2,05 contro 2), mentre Napoli si colloca già sotto la soglia psicologica del 2 con un punteggio di 1,98, quasi allineata con Salerno (1,97). Andando a sfaccettare meglio le diverse tipologie d’imprenditori coinvolti (piccole o grandi imprese, imprese del manifatturiero o dei servizi, imprenditori giovani o anziani, con livello di istruzione differente) il risultato non cambia: tutti valutano in modo negativo l’attrattività delle regioni meridionali. Inoltre, anche se gli imprenditori meridionali assegnano punteggi più alti di quelli settentrionali alle regioni del Sud, visto che ci risiedono e lavorano, comunque la gerarchia Centro-Nord e Sud in fatto di attrattività rimane immutata. Interessante inoltre l’analisi che mette a confronto il divario percepito dagli imprenditori a livello soggettivo con quello reale certificato ad esempio dal livello del Pil procapite nelle varie regioni. In Italia, dove se il divario reale è pari a 2, quello di percezione sale a 2,34. Secondo 1 su 4 degli imprenditori intervistati il problema maggiore viene dalla carenza di infrastrutture di trasporto e logistica, quindi dalla scarsa accessibilità del territorio meridionale (26,4%), seguito dalla povertà del tessuto produttivo (presenza di clienti, fornitori, altre imprese: 21,3%). Pesa fortemente anche la presenza della criminalità organizzata (13%). Da rilevare che l’inefficienza della Pa, un problema notevole, viene segnalato come tale al Sud soltanto dal 3,5% degli imprenditori. Nella percezione degli imprenditori il Sud si presenta come un blocco monolitico tendenzialmente uniforme e ostile all’attrarre nuove imprese:

“L’esistenza di tanti, molteplici, Sud, differentemente attrattivi, si legge nello studio, non è contemplata. In altre parole, per le imprese del Paese gli svantaggi localizzativi nel Mezzogiorno non presentano differenziazioni, diverse gradazioni, territoriali”. “Questa macroregione, si legge nello studio, non è conosciuta a sufficienza nelle sue varie e diverse realtà territoriali” e anche la non conoscenza pare frutto di un disinteresse aprioristico verso l’area, di una serie di clichè che fanno fatica a essere estirpati.

Politiche di investimento in infrastrutture di trasporto, politiche industriali e campagne specifiche di comunicazione sull’area sono, secondo lo studio, gli strumenti necessari ad aggredire la scarsa attrattività del Sud. In particolare, servono azioni “nel trasporto ferroviario, nella portualità, nell’intermodalità e nelle piattaforme logistiche” sia per potenziare l’accessibilità del Sud dall’esterno che favorire la mobilità interna integrando a sistema le reti di trasporto meridionali.

Per impedire la desertificazione industriale servono misure a sostegno delle imprese e azioni specifiche anticriminalità. Inoltre, conclude lo studio, “strategie di comunicazione e promozione, a livello centrale e locale, che consentano di scardinare la cappa mediatica che oggi tende a mettere tutto il Sud sotto un unico cappello”.

Autore

Salvatore Ferragina

1 Commento

  • Siamo una nullità in tutto…..l’unico privilegio è stato l’aspetto paesaggistico, bello come pochi, ma che in buona parte la mano spregevole e criminale indigena ha vergognosamente deturpato…..SOTTORAZZA!

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