Intervistiamo

Ndrangheta e appalti truccati, fermati 35 imprenditori

Scritto da Redazione
Operazione delle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro
 
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Trentacinque imprenditori fermati e 54 imprese sequestrate a titolo preventivo in tutta Italia. E’ il bilancio di un blitz anti ‘ndrangheta – su input delle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro – degli uomini dei Comandi provinciali della Guardia di finanza di Reggio Calabria e Cosenza, con l’aiuto dello Scico e del Comando provinciale di Roma ed altri numerosi Reparti dell’intero territorio nazionale.

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I destinatari dei provvedimenti sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici.

L’operazione rappresenta l’epilogo di un’indagine svolta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria e dal Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza che hanno consentito di “acvertare, da un lato, come un importante gruppo imprenditoriale operante nella piana di Gioia Tauro, si era posto come punto di riferimento della cosca Piromalli al fine di turbare, sistematicamente, almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti calabresi nel periodo 2012/2015 riguardanti l’esecuzione di importanti lavori pubblici nella citata area calabrese e, dall’altro, l’esistenza di un noto imprenditore che, grazie alle relazioni con il clan Muto (attivo sulla costa dell’alto Tirreno calabrese) nonchè con il reggente della cosca cosentina Lanzino – Ruà – Patitucci”, si è aggiudicato i più importanti appalti della Provincia di Cosenza nel periodo 2013/2015″. Decine e decine di appalti pubblici nell’area di Gioia Tauro, nel Reggino, e nella provincia di Cosenza, sarebbero finiti nelle mani della ‘ndrangheta grazie ai 35 imprenditori sottoposti a fermo stamani dalla Guardia di finanza su provvedimento delle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro.

Dalle indagini, secondo gli investigatori, è emerso come un importante gruppo imprenditoriale operante nella piana di Gioia Tauro, si era posto come punto di riferimento della cosca Piromalli allo scopo di turbare sistematicamente almeno 27 gare indette da più stazioni appaltanti calabresi nel periodo 2012/2015, riguardanti l’esecuzione di importanti lavori pubblici nell’area della piana. Inoltre, sempre secondo l’accusa, un noto imprenditore, grazie alle relazioni con il clan Muto, attivo sulla costa dell’alto Tirreno cosentino, e con il reggente della cosca cosentina Lanzino – Ruà – Patitucci, si sarebbe aggiudicato i più importanti appalti della provincia di Cosenza nel periodo 2013/2015.

C’è anche un funzionario dell’Anas ed alcuni dipendenti di uffici tecnici di Comuni della Piana di Gioia Tauro tra le 35 persone sottoposte a fermo nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalle Direzioni distrettuali di Reggio Calabria e Cosenza e condotta dai finanzieri dei comandi provinciali delle due città. Al centro delle indagini ci sono 27 gare d’appalto nel reggino, per un importo di oltre 90 milioni di euro, ed altre decine nel cosentino.

Gli appalti edili in questione riguardavano i lavori più disparati, tra i quali figurano anche la realizzazione di uno svincolo nel tratto reggino dell’autostrada A2, la vecchia A3 Salerno-Reggio Calabria, e la ristrutturazione di piazza Bilotti, a Cosenza, inaugurata soltanto poche settimane fa ed il cui parcheggio sotterraneo è stato posto sotto sequestro nell’ambito dell’operazione. Tra gli imprenditori coinvolti figurano il gruppo Bagalà di Gioia Tauro e quello Barbieri di Cosenza. “Un perfetto meccanismo teso ad escludere ogni altra impresa fuori dagli ‘accordi’ falsando così ogni regola di mercato”: così i magistrati di Reggio Calabria e Catanzaro hanno definito il sistema emerso dalle inchieste condotte dalla Guardia di finanza di Reggio e Cosenza nelle operazioni “Cumbertazione” e “Cinque lustri”, confluite stamani nel provvedimento di fermo a carico di 25 persone tra le quali personaggi anche molto noti nel mondo dell’imprenditoria, che avevano istituito un “cartello” invincibile per acquisire, secondo l’accusa, appalti e commesse pubbliche in Calabria e anche su altre zone del Paese.

A illustrare i particolari dell’operazione sono stati i capi delle due Procure, Federico Cafiero de Raho e Nicola Gratteri, coadiuvati dagli aggiunti Gaetano Paci e Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri. “É il risultato – ha detto Cafiero de Raho – di una forte sinergie tra le Procure di Reggio e Catanzaro, che ha permesso, sul versante reggino, di individuare le responsabilità del gruppo Bagalà, appoggiato dal clan Piromalli, presente come impresa ad ogni gara d’appalto, come dimostrato in numerosi lavori programmati dal comune di Gioia Tauro, tant’è che due dei fermi riguardano proprio due tecnici di quel comune. Oltre alle offerte di gara concordate abbiamo riscontrato evidenti episodi di frode nelle pubbliche forniture e nel’esecuzione dei lavori”.

Per Nicola Gratteri, “le inchieste sono certificate da attente valutazioni e fonti di prova caratterizzate da una forte azione comune con la Procura di Reggio Calabria. Tutto ciò è stato possibile grazie alla tenacia della Guardia di finanza e del suo comandante regionale, che in Calabria ha messo a disposizione della magistratura autentiche elite di intelligence”. Tra le opere al centro delle indagini dalla Dda di Catanzaro, anche la realizzazione di Piazza Bilotti a Cosenza ed il relativo parcheggio, l’aviosuperficie di Scalea ed una sciovia a Lorica, realizzate dall’impresa Barbieri. “Opere – ha sottolineato Gratteri – costruite da una medesima impresa legata apertamente e protetta dal clan Muto di Cetraro”. Secondo quanto riferito dagli inquirenti in conferenza stampa, la realizzazione e l’esercizio per i successivi 25 anni del parcheggio di Piazza Bilotti avrebbe fruttato alle cosche quasi 80 milioni di euro di proventi. Tra le imprese sottoposte a decreto preventivo, figura anche la St Glòbal, con sede legale in piazza Euclide a Roma e sede operativa a Varapodio.

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