Intervistiamo

Leone: «Sono abituato a lottare senza mai mollare»

Contro il Siracusa ritroverà il posto da titolare, ma quella di Leone è un storia di forza, sofferenza, resistenza. Una di quelle che vale la pena di essere raccontata
 
leone

Caffè in vetro ristretto senza zucchero, un bicchiere d’acqua frizzante e inizia la mia chiacchierata con Daniel Leone. Classe ‘93 professione portiere. La sua storia è una di quelle che merita di essere raccontata. Una testimonianza di quanto la vita, per quanto crudele, possa sempre riservare una seconda chance.

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In giallorosso gioca due partite: la prima a Siracusa, la seconda al “Ceravolo” dove a 10 minuti dalla fine accusa uno stiramento alla gamba che lo costringe a 20 giorni di stop. Poi la ricaduta in allenamento e la lunga riabilitazione. In mezzo i fatti spiacevoli di Melfi e lo spauracchio retrocessione a fare da cornice ad uno dei peggiori campionati della storia giallorossa.

Ma il destino è strano,  e proprio contro il Siracusa, un girone dopo, Daniel ritrova il posto da titolare data la concomitante squalifica di De Lucia.

Ieri, poi, un’altra giornata intensa con la visita della squadra giallorossa ai bambini ricoverati nel reparto di Oncoematologia pediatrica del Pugliese-Ciaccio. Un momento toccante con i calciatori che hanno donato ai ragazzi tante uova di Pasqua giallorosse. Una giornata piena di emozioni specialmente per Daniel.

A voi il suo racconto.   

(La visita ai bambini del Pugliese-Ciaccio)

Come hai vissuto il recente cammino giallorosso dalla panchina?

“Male. Stare lontano dal campo è difficile soprattutto perché ho la consapevolezza di poter dare un grande contributo a questa squadra. Paradossalmente ho sofferto più per quest’infortunio che per il problema che ho affrontato mentre giocavo con la Reggina. Sono stato operato d’urgenza per l’asporto di un tumore al cervello. È stato tutto veloce, fulmineo. Un attimo prima  ero in campo e l’attimo dopo mi risvegliavo in ospedale. In questi momenti capisci quanto può essere fragile la vita e quali sono i veri problemi. Un mio valore è sempre stato l’educazione, il rispetto e la lealtà verso gli altri e dopo il mio problema ho capito chi nei miei confronti era vero e chi no”.

leoneIl rientro sul campo non dev’essere stato facile. Come lo hai vissuto?

“Non è stato per niente facile, anzi è stato pieno di ostacoli. Il DS della Reggina, Martino, non  mi fece più allenare nonostante glielo chiesi. Allora il preparatore dei portieri, Antonino Liuzzo, mi ha dato una mano a riprendere la preparazione. Sono abituato a lottare su ogni campo senza mai mollare e ad un anno e mezzo dall’operazione ho ricevuto il regalo più bello che la vita potesse farmi, mia figlia Carol”.

Andiamo al presente. Cos’è mancato ad una squadra che tutti si aspettavano ricoprisse una posizione di classifica diversa?

“Il girone d’andata è stato disastroso, non eravamo compatti ed era chiaro in campo. Pian piano ci siamo assestati e siamo diventati un gruppo che ha ritrovato la voglia di vincere. C’è voglia di salvarsi anche se è davvero dura. Ma noi dobbiamo farcela per forza, il Catanzaro non può scendere. Si sono dette tante parole, ora contano solo i fatti. Per quel che mi riguarda, mi è stata concessa una nuova possibilità e voglio sfruttarla la massimo. Voglio giocare con la massima attenzione perché la situazione è critica e bisogna mettercela tutta, soprattutto la testa”. 

Giocate sin dall’inizio in un clima di contestazione. Conosciamo le ragioni della tifoseria, ma dal punto di vista di un giocatore, Cosentino che presidente è?                                         

“Cosentino è un presidente presente nonostante si trovi spesso in Cina per lavoro. Ci segue, guarda le partite e parla con tutti. Insieme alla figlia è un punto di riferimento. Dal mio punto di vista la contestazione è inutile. Forse sarebbe meglio sostituire i cori ‘Cosentino Vattene’ con ‘Forza Ragazzi’. Avrebbe più senso in questo momento”.

L’ultima partita che hai giocato al ‘’Ceravolo’’ è stata  Catanzaro-Vibonese. Una prestazione che ha messo in luce tutta la tua voglia di far bene. A cosa aspira in futuro Daniel Leone?

“Dal futuro ti devi aspettare di tutto ma il mio obiettivo è arrivare in alto, alla Serie A. Il massimo sarebbe essere il portiere del Napoli”.

leone de luciaIl portiere è quel giocatore che si differenzia dal resto dell’organico. È parte fondamentale della squadra ma vive il suo farne parte in costante solitudine. Cosa rappresenta per te ricoprire questa posizione?

“Sì, è un ruolo importantissimo. La scelta di ricoprirlo la devo a mio padre Michel. Mi ha suggerito di provare in questa posizione vista l’altezza e la mia struttura. Se non fosse stato per lui non avrei mai giocato, e quando sbaglio, sia in campo che nella vita, è lui che mi fa pressing. Ho un carattere particolare, ascolto poco i consigli sulla vita mentre accetto quelli sul calcio. Per fare il portiere devi essere matto e io lo sono ma soprattutto devi saperti prendere la responsabilità se sbagli”.

Il ruolo di portiere titolare in casa Catanzaro quest’anno è stato particolarmente movimentato. Com’è stato il passaggio del testimone Grandi-Leone-De Lucia? 

“Potevo dare tanto ancora ma sono qui anche per dare una mano sostenendo Victor che sta facendo davvero bene. Ho chiesto io a Mister Erra di portarmi in panchina per stare vicino ai compagni e ora che sono stato nuovamente chiamato in causa, darò il mio meglio, anche perché quando mi è stata data la possibilità di giocare ho fatto bene. Ero super concentrato e un gol è difficile prenderlo se sei sul pezzo”.

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Com’è cambiato il calcio?

“È cambiato il valore del professionismo. Quella dell’atleta deve essere una vita sana ed equilibrata  a partire dall’alimentazione fino all’allenamento intensivo. Sinceramente di professionismo non ne vedo tanto, specie nei giovani”.

leoneGiovanissimo ti sei allontanato da casa per costruire le basi per il tuo futuro.  Quale consiglio daresti ai ragazzi che vogliono intraprendere questa strada?

“Ai giovani che vogliono intraprendere la carriera del calciatore mi sento di dire solo di tenere la testa bassa e lavorare”.

E a Catanzaro stai lavorando parecchio. Ti piacerebbe rimanere?

“A Catanzaro sto bene, sarà che c’è il mare, siamo al Sud dove tutto è più bello. Calcisticamente parlando Catanzaro appartiene ad un’altra categoria e si vede. La Lega Pro non vede così tanti tifosi al seguito soprattutto  in trasferta,  ma il tifo a Catanzaro è speciale. Ragazzi seguiteci sempre più numerosi perché quest’anno il Catanzaro si salva e io vorrò rimanere qui a tutti i costi”.

E di quanto accaduto a Melfi?

È passato. Per me si è trattato di una delusione. Sono cose che non dovrebbero accadere nel calcio.

 

Dora Dardano

Autore

Francesco Panza

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