Intervistiamo

Quel sogno proibito chiamato Catanzaro

Scritto da Redazione
Dopo trent’anni vissuti da nobile decaduta, il Catanzaro ha le carte in regole per scrivere una nuova storia. Stasera, contro la Casertana, il primo capitolo
 
ombrelloni

Agosto volge al termine, ma la bella stagione non vuole abbandonare le nostre latitudini. Assopito in una delle ultime giornate di ferie in spiaggia, con il sottofondo delle onde, ascolto con curiosa noia i discorsi del mio vicino il quale dapprima disquisisce di musica e poi inizia a parlare di altro.

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Ripete più volte il nome di Casarano, oggi graziosa località del Salento, ma nel mio immaginario luogo di una lontana ed indimenticabile trasferta della mia squadra del cuore. Ebbene, la cittadina pugliese fu una delle tappe dell’epopea del Catanzaro targato G.B. Fabbri, il primo della gestione Pino Albano.

Il mio vicino non fa altro che rinvigorire quella fiamma mai sopita della mia  passione per il Catanzaro, gli ombrelloni giallorossi dello stabilimento che frequento all’improvviso diventano bandiere al vento che sventolano in un festante stadio Nicola Ceravolo.

floriano notoRiprendo la penna alla vigilia della nuova stagione agonistica, la sedicesima o giù di lì targata Puntonet. Qualcosa di nuovo stuzzica la passione del tifoso giallorosso con l’avvento del nuovo timoniere, l’ingegnere Floriano Noto. Sì proprio lui, colui il quale è sempre stato associato alle sorti delle Aquile.

Della famiglia Noto sono conosciute le doti imprenditoriali e sono sotto gli occhi di tutti i risultati nel settore della grande distribuzione, ma il calcio  è una cosa diversa. Il pallone, ahinoi, non è scienza esatta ed a fronte di importanti risorse economiche non corrisponde la certezza di vittorie.

Fatta questa dovuta premessa, mi piace analizzare quanto fatto in meno di due mesi ed indirizzare alla nuova società consigli non richiesti.

La passione calcistica  è un tratto distintivo della città di Catanzaro. Sui Tre Colli si è sempre respirato pane e pallone e da questo sentimento si deve partire per ricostruire il calcio a tinte giallorosse, perché il dato storico è impietoso e ci dice che Catanzaro ha saltato un’intera era geologica pallonara, assistendo all’ascesa in serie A di realtà come Chievo, Sassuolo, Carpi, ma anche Reggio Calabria, Benevento e Crotone. Con la fine degli anni ottanta è iniziato un declino inesorabile che ci ha portati a peregrinare per i campetti del Sud Italia, assurgendo al ruolo di nobile decaduta.

La nuova proprietà, in queste giornate di fine agosto, mi regala un sogno proibito e permette all’intera tifoseria di pensare finalmente in grande.

Quello che si è creato intorno al Catanzaro, con il coinvolgimento dell’imprenditoria catanzarese che conta, riporta alla memoria la società dell’avvocato Nicola Ceravolo, di quella squadra gestita con grande oculatezza, di una società patrimonio della città e della sua provincia.

I passi da compiere, a mio modesto avviso, devono seguire una triplice direzione: strutture, squadra e tifoseria.

stadio ceravoloInnanzitutto il calcio moderno ha bisogno di uno stadio degno di questo nome. Il Ceravolo purtroppo non risponde a questa caratteristica e tralasciando l’annosa vicenda distinti/palazzina, appare chiaro come le curve e le tribune rappresentino un ricordo vintage degli anni settanta, andrebbero semplicemente abbattute e ricostruite di sana pianta (sul punto per informazioni chiedere ad Udine e via discorrendo).

Aggiungo poi che il Catanzaro calcio oggi non ha una sua casa, un centro sportivo dove convogliare l’attività della prima squadra e del settore giovanile, perché è su quest’ultimo che dovrà insistere in maniera maniacale la nuova proprietà.

Il grosso dei calciatori non vanno acquistati, ma vanno fatti crescere in casa, allevati e coccolati pronti a spiccare il volo con indosso la maglia giallorossa e con tanti denari nelle casse societarie.

Il settore giovanile di una provinciale del calcio è la sua ragione di vita, un investimento che deve diventare moltiplicatore economico, un luogo di attrazione per i talenti dell’intera regione.

Detto questo il centro di Giovino appare inadeguato e può essere solo una soluzione provvisoria, perché il mio sogno proibito vede un nuovo Ceravolo e la casa Catanzaro griffata Noto,  luoghi dove far fiorire questa start-up dal brand sgualcito ed impolverato.

La  seconda direzione riguarda la squadra. Puoi avere strutture moderne, ma alla fine in campo ci vanno i calciatori ed in attesa del ricostruendo settore giovanile, si deve lavorare sulle risorse umane oggi a disposizione.

Al netto delle qualità  calcistiche dei giocatori  il nostro timoniere deve tirare fuori il 110% del valore di ogni suo dipendente. Su questo aspetto non devo dire nulla al nostro presidente, voglio solo ricordare il senso di indossare la maglia, quello che rappresenta e cosa significa essere stato un uomo che ha vestito il giallorosso.

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Ultimo, ma non meno importante, è il capitolo tifoseria. Quello che è successo negli ultimi tre decenni avrebbe sfiancato qualsiasi passione ed invece i tifosi giallorossi, malgrado gli innumerevoli tradimenti, si sono sempre dimostrati pronti a ripartire ed a sostenere il glorioso vessillo.

Oggi il nuovo idillio ha il volto dell’ingegnere Noto, ma per far sì che non si tratti di una semplice infatuazione è necessario che il tifoso venga coccolato e fatto sognare. Il Catanzaro deve tornare nelle scuole, il Catanzaro deve tornare in provincia, qui nasce e cresce quella linfa vitale che alimenta il mio sogno proibito.

Ora bando alle chiacchiere, che la palla riprenda a rotolare sul verde tappeto del glorioso stadio comunale. Si riparte dalla Casertana, e i meno giovani ricorderanno quel 7 giugno 1987 che segnava la fine di una cavalcata che riportava la serie B.

Corsi e ricorsi storici non sono mai casuali. Si riparte in questo sabato di fine agosto pronti ad alimentare il sogno proibito di una rete che si gonfia a ripetizione, di un popolo pronto a saltare e di una maglia giallorossa che torna a risplendere in tutta la sua bellezza.

Sempre Bruno nel cuore ed Avanti Catanzaro!

G.M.A.

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Redazione

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3 Commenti

  • Il progetto stadio sarebbe molto bello ma molto complesso. Di sicuro non dovrebbe essere realizzato con soldi pubblici (abbiamo ben altri problemi da risolvere in Italia). Però un progetto di naming right potrebbe essere studiato, come accaduto all’estero. L’Allianz Arena – lo stadio di Monaco di baviera – è stato costruito dai due club di Monaco ed il colosso Allianz ne ha acquisito il diritto al name per 30 anni pagando 80 milioni. Per chi lo costruisce diventa un investimento di carattere immobiliare. Crea appartenenza e possono essere sviluppati una serie di eventi interni. Insomma, è un progetto da studiare; non dico da realizzare perchè magari mancano i numeri ma, secondo me, da studiare attentamente sì.

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