Lettera ai tifosi giallorossi

di Roberto Ceravolo

Carissimi amici, fratelli giallorossi, lasciatemi gridare adesso che la nostra serie B l’abbiamo colta, prendondola matura all’albero dei sogni. Vorrei stringervi tutti come ho cercato di farlo domenica ad Ascoli con tanti sul campo inzuppato. La mia voce non poteva esprimere il cuore palpitante che scoppiava di gioia. Non c’era un grido, un gesto che potesse rappresentare il senso di pienezza della meravigliosa realtà vissuta. Eppoi quei colori giallorossi, così magici per tutti noi, riuscivano a scaldare i sentimenti ed in quel campo estraneo tutto sembrava nostro, ci apparteneva mirabilmente, insieme. Eppure, tutto era iniziato, per me, la mattina presto accompagnato dai silenzi degli amici del club. Non c’era festa, non un sorriso di chi sa, ma la paura scolpita nel muto ricordo del passato. La nostra certezza era serrata nei cuori, ma ciascuno mentiva a se stesso e aveva timore di tutto. Ogni desiderio poteva sfuggire e nessuno poteva illudersi. Lo stesso silenzio l’ho colto negli autogril dove dai più piccoli ai più grandi nessuno aveva certezze, la stessa paura si tagliava a fette. Per strade cento, mille macchine con le bandiere nei bagagliai, solo delle misere sciarpine fuoriuscivano dai finestrini posteriori. Erano i nostri fieri vessilli, le uniche che facevano rumore cozzando con il vento. Quanto è stata lunga quella strada! Quanto sono stati lunghi quei minuti che ci separavano dalla storia. Vedendovi in tanti allo stadio, vedendo quel silenzio tramutarsi in colori, suoni, amore sono stato sempre più orgoglioso di essere uno di voi! Uno di quelli che amano le utopie, di quelli che vivono il mistero del calcio come una liturgia. No, nessuno può capirci realmente se non vive il mito del Catanzaro attorno a due colori. Eppoi quei pulman che ad uno ad uno contavo e vedevo avvicinarsi, erano bleu e lontani, io sentivo e sapevo erano pieni di giovani giallorossi. Una collana mirabile si avvicinava. Quei stanchi torpedoni ci portavano gli ultras. Io, in silenzio, vi ho invidiato, fieri giallorossi senza paura. Da lontano mi è parso non di scorgere i silenzi di noi attempati ed in qualche caso tifosi brizzolati, ma i canti e le voci di mille e mille cuori fieri. Noi dallo stadio vi abbiamo come sempre accompagnati, contandovi. No, non è la serie B il nostro tesoro, non è questo il nostro premio: siete voi che urlate, ridete e piangete anche per me. Siete voi che palpitate ed io vi seguo cercando in voi il mio passato e le mie gioie vissute. Voi non avete vissuto, vivrete la magia di un Catanzaro che corre e si afferma. Per questo oggi, allo stadio per la festa, all’arrivo dei giocatori ho portato mio figlio. Lo stringevo al petto mischiando il mio cuore palpitante al suo. Ho sperato, ho sognato che quel brivido che provavo nello scorgere la squadra ritornata da Ascoli, si mischiasse a quello del suo cuoricino festante. Poi ho visto Masino Amato fare lo stesso con il proprio figlio sul pulman come a dirgli ecco questa è stata la mia vita, questa è stata la mia gioia che ti consegno. Ora, che il sogno si è compiuto non c’è più quel silenzio assordante, ci sono i rumori, le grida, c’è una città intera che riscopre la gioia. Da oggi c’è una sola squadra in testa alla classifica, nessuno potrà raggiungerla, noi siamo i suoi tifosi, noi siamo il Catanzaro.

Roberto Ceravolo (uno di voi)

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Redazione

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