CRONACA – Sparatoria in quartiere Aranceto

Tre centimetri. Solo per tre centimetri non ci ha rimesso le penne Antonio Mancuso, un sorvegliato speciale di 25 anni che nella notte tra sabato e domenica è stato colpito di striscio alla testa da un proiettile durante una sparatoria al quartiere Aranceto. Bastava che la traiettoria del colpo passasse tre centimetri più in là per colpire il cervello, con conseguenze forse fatali. È stato dunque fortunato il ragazzo, cavandosela con una ferita al padiglione auricolare che è stata medicata dai sanitari del Pronto soccorso dell’ospedale Pugliese. Il giovane è così potuto rientrare a casa. La sparatoria, che ha avuto luogo alle 3.30 di ieri, è stata l’acme di una lite da Far West urbano esplosa in mezzo alla strada tra un gruppo di giovani per motivi ancora da chiarire dopo una “notte brava” forse innaffiata da qualche bicchiere di troppo in un bar di Lido. Nel gruppo vi sarebbe qualche altro pregiudicato. Non è chiaro se Mancuso abbia visto da chi è partito il colpo. Le indagini dei carabinieri sono a buon punto. Al quartiere Aranceto subito dopo la sparatoria sono accorsi gli uomini dell’Arma (Norm) guidati dal tenente Adolfo Angelosanto, che hanno immediatamente proceduto all’identificazione delle persone coinvolte. Tra loro evidentemente c’era gente armata e il fatto di sangue poteva finire in tragedia.
<br>Antonio Mancuso è un sorvegliato speciale già condannato in primo grado lo scorso aprile nell’ambito del processo “Na storia” originato dall’arresto, il 6 dicembre 2002, di un gruppo di presunti spacciatori che avrebbero svolto la loro “attività” proprio davanti ai locali che ospitano il Sert (Servizio per le tossicodipendenze). Un’operazione anche questa condotta dai carabinieri. Nel mese di aprile il collegio dei giudici presieduto da Maria Teresa Carè (a latere Barillari e Falvo) ha emesso la sentenza e assolto Antonio Mancuso per due capi d’imputazione condannandolo invece per altri tre capi d’accusa a due anni di reclusione e 4.000 euro di multa (a fronte di una richiesta del pubblico ministero di 6 anni e 10.000 euro) insieme ad altre sette persone che hanno riportato condanne da uno a tre anni. Mancuso, difeso dall’avv. Arnaldo Celia, attende ora il processo di secondo grado davanti alla Corte d’Appello. Quanto alla condanna, aveva già scontato la pena ai domiciliari in attesa che si definisse il lungo procedimento originato dal blitz scattato nel 2002. Una vicenda singolare e che ha avuto grande risonanza, quella dei pusher davanti al Sert. La curiosa denominazione data dagli investigatori al blitz (“Na storia”) è legata al linguaggio in codice usato dai presunti spacciatori per accordarsi con i tossicodipendenti. La dose era definita, appunto, «’na storia». Per piazzare l’eroina non i presunti spacciatori non dovevano andare a cercare “tossici” chissà dove, bastava fare quattro chiacchiere davanti al Sert dove ogni giorno passavano i giovani in cura specialistica. Intanto i carabinieri registravano immagini e discorsi con le telecamere nascoste, scattavano fotografie. Ogni tanto intervenivano, sequestravano e droga e inoltravano denunce alla magistratura e segnalazioni alla prefettura nei confronti dei tossicodipendenti. Le ordinanze di custodia cautelare erano state siglate nel 2002 dall’allora gip Mariacarla Sacco su richiesta del procuratore aggiunto Mario Spagnuolo. Adesso questo nuovo episodio, che vede Mancuso nel ruolo di vittima, fa riflettere ancora una volta sul degrado delle periferie cittadine, dove si circola armati e si spara forse anche per un nonnulla.

Betty Calabretta da gazzettadelsud.it

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