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Il pari nelle Marche è un’investitura da leader per il Catanzaro

L’editoriale di Francesco Ceniti

Il cambio delle consegne è avvenuto, come sempre, sul campo. Domenica scorsa si sono affrontate due formazioni che a inizio stagione avevano (hanno?) obiettivi totalmente diversi. La Sambenedettese della famiglia Gaucci si proponeva come la favorita numero uno di un girone orfano delle grandi firme (leggi Catania e Salernitana) dopo l’estate dei Tar. Il Catanzaro, invece, si affacciava in modo timido in una C1 persa per una telefonata (altro che bolletta salata) e inseguita vanamente per 12 anni (con tanto di finali buttate letteralmente al vento o sprecata dagli undici metri).
Le prime tre gare sembravano confermare queste previsioni. Anzi, la Samb irrobustiva i suoi propositi con acquisti importanti (Martusciello, su tutti). Per nostra fortuna il calcio è imprevedibile. Così a metà novembre le prospettive sono cambiate in modo radicale. Fino allo scontro diretto giocato nelle Marche. E lì chi ancora non aveva aperto gli occhi è stato costretto a farlo. Il Catanzaro ha messo alle corde in modo netto gli avversari e avrebbe meritato senza dubbio la vittoria. E non regge in nessun modo la “scusa” dell’inferiorità numerica. Anzi, vogliamo andare controcorrente: secondo noi proprio il rosso a Manni è stato provvidenziale per la Samb. Ci spieghiamo.
In undici contro undici, infatti, i giallorossi hanno dominato in lungo e in largo (colpendo due pali e fallendo un paio di palle gol clamorose) contro una squadra che doveva per forza provare a vincere. Ma gli spazi concessi dai rossoblù erano un invito a nozze per Corona e compagni. Per questa ragione crediamo che prima o poi il Catanzaro sarebbe passato in vantaggio. Al contrario una volta rimasti in 10 uomini, i marchigiani hanno arretrato il loro raggio d’azione per proteggere lo zero a zero. Una scelta esplicitata dall’allenatore di casa, quando al 37’ del primo tempo ha tolto una punta (Zerbini) per far entrare un centrocampista (Petterini). Da quel momento la supremazia giallorossa è stata più marcata, ma le maglie della difesa locale si sono fatte più strette. Insomma, il pari finale è (paradossalmente) anche figlio della supremazia numerica. E il Catanzaro si ritrova a recriminare.
Certo, forse (anzi, senza forse) Braglia avrebbe potuto osare di più, inserendo Biancone e Campo molto prima di quanto ha invece fatto. Ma non ci sembra il caso di alimentare, almeno in questa fase, ulteriori critiche. Ma il dato di fatto incontrovertibile è che una squadra costruita per la promozione (con giocatori di assoluto valore) è stata costretta in casa a difendere il pareggio. Non solo, come già scritto, anche prima dell’espulsione di Manni la sensazione è stata chiara: il Catanzaro era più forte dei marchigiani. Ora, da che calcio è calcio, una squadra che lotta per lo scudetto (Juve, Milan, Roma e Inter) anche se resta in 10 uomini contro una neopromossa attacca a tutto spiano alla ricerca dei tre punti (e spesso li prende). Il discorso cambia se, ad esempio, un Parma è costretto al Tardini a misurarsi con l’uomo in meno contro la Juventus.
Ecco, il paragone regge. Il Catanzaro ammirato nelle Marche è apparso una formazione solida in ogni reparto, che pratica un calcio frizzante (la Viterbese sarà più concreta, ma quanto a spettacolo è anni luce distante) ed è seguita da un pubblico fantastico (in questo campo non temiamo neppure la Juventus). Non meraviglia, quindi, che il tecnico della Samb abbia pensato bene di limitare i danni. Ed è stato un classico cambio delle consegne. Parliamo pure di salvezza, ma la realtà attuale dice un’altra cosa: i giallorossi possono lottare per il primo posto, mentre i rossoblù aspirano a un posto nei play off.
Certo, non bisogna sottovalutare i prossimi impegni. Ad iniziare dal Taranto. Anzi, proprio perché oramai tutti sanno bene che questo Catanzaro è una delle favorite finali, al Ceravolo scenderanno formazioni sempre più abbottonate, magari con la speranza di fare il colpaccio in contropiede. E uno dei pochi limiti dimostrati dalla banda Braglia è proprio legato a quest’aspetto: i giallorossi faticano maledettamente contro i “bunker”. E’ accaduto a Lanciano e a Viterbo (quando si doveva recuperare lo svantaggio), ma soprattutto in casa contro Sora e L’Aquila. Insomma, la parola d’ordine contro i pugliesi, relegati nelle ultime posizioni, dovrà essere una sola: pazienza. La rete della vittoria può sempre arrivare all’ultimo minuto, magari dopo un calcio d’angolo (come l’attuale capolista insegna). L’importante è dare il via alla festa dei 10.000 presenti al Ceravolo.

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Redazione

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