Sono passati solo pochi giorni da quel primo incontro, ma è come se fosse passata una vita.
Lui e Ingrid — perché adesso il nome di lei ha un suono dolcissimo nelle sue labbra — si ritrovano sulla stessa spiaggia di Caminia, con i piedi affondati nella battigia. L’acqua è tiepida, scivola lenta e trasparente, e il cielo ha già iniziato a tingersi d’arancio.
Due giorni prima Salvatore è andato a vedere il primo allenamento stagionale del Catanzaro. Ha rivisto Iemmello, i nuovi acquisti, il mister che urlava indicazioni: un brivido lungo la schiena, un sapore d’attesa che si porta ancora dietro.
Poco prima di sedersi a tavola, sul cellulare gli è arrivata anche una notifica di UsCatanzaro.net: «Primo allenamento, sudore e grinta al PoliGiovino: Aquilani chiede subito ritmo e coraggio.». Ha sorriso, come si sorride a una vecchia amica che torna a farti visita.
Ora stanno prendendo un aperitivo, seduti su due sedie leggere che quasi affondano nella sabbia. Il bicchiere freme appena tra le dita di lei. Lui invece è più teso, ma ha negli occhi una luce nuova.
«So… you thought again about your Catanzaro?» gli chiede lei, inclinando la testa e sorridendo in quel modo che gli fa perdere un battito.
«Always» ride lui, guardando il mare. Poi si fa serio, quasi solenne.
Tira fuori dalla tasca un piccolo braccialetto intrecciato di filo giallo e rosso. Glielo lega piano al polso, come fosse un rito antico.
«It’s beautiful!» sussurra lei, ammirandolo con occhi che sembrano un cielo del nord. «Why these colors?»
Lui sospira.
«Sono la mia storia. La mia città. Mio padre, mia madre, i miei amici. Quest’anno ho viaggiato solo per loro. Salerno, Modena, Brescia, Mantova… e poi la grande finale a La Spezia. Sempre con gli amici, cantando nei treni, mangiando panini sui marciapiedi. Ridere, piangere, vivere. Questo è il Catanzaro.»
Lei accarezza piano il braccialetto.
«I wish… I was there.»
«Magari l’anno prossimo» dice lui, e lo dice come una speranza che è già un piccolo progetto.
Intorno a loro il mare è diventato uno specchio. Il sole si è nascosto dietro la collina, lasciando solo una scia rosata. Sembra di stare in un sogno.
Poi, da una radio posata poco più in là, sintonizzata sulle frequenze di Radio Ciak, parte una versione soft, quasi acustica, di “Freed from Desire” di Gala.
Lei chiude gli occhi, ondeggia appena. Poi li riapre e lo guarda, come se fosse la cosa più bella che abbia mai visto.
«Salvatore…» mormora piano.
Lui non aspetta più. Si avvicina, le prende il volto tra le mani e la bacia.
Un bacio lungo, caldo, che sa di sale e di promesse mantenute. Un bacio che porta dentro la curva Massimo Capraro, le bandiere che sventolano, i gol urlati fino a perdere la voce, gli amici che si abbracciano nelle piazze, e la speranza che certe cose — come il Catanzaro e come certi amori — non finiscano mai.
Harp
E bravo Salvatore,così si fà.Però nella vita ci vuole anche fortuna,a me avrebbe rifilato un 2 di picche dopo averci perso dietro giorni e soldi..a Palanca.