Non sempre una partita comincia al fischio d’inizio. A volte parte molto prima, nei vicoli della città. In quei momenti, le strade diventano un fiume giallorosso e la voce della gente precede la squadra. È come un’onda che non si può fermare.
Ieri il pre-partita di Catanzaro-Entella ha avuto un prologo che dice tutto, molto più di mille analisi tattiche. Un corteo compatto, denso, viscerale: bandiere che sferzano l’aria fredda. I cori rimbombano tra i palazzi e risalgono lungo via Fratelli Plutino come un unico respiro.
Lo striscione – enorme, sfondo bianco e scritta nera – recitava: “Noi vogliamo gente che lotta!!”
Una dichiarazione, un manifesto, un atto d’amore e insieme di responsabilità. Non una minaccia, ma un patto: noi ci siamo, con il cuore e con le gambe, ora tocca a voi, in campo, onorare chi vi spinge avanti anche nei momenti più duri.
Il Popolo giallorosso si è stretto come un’unica famiglia
Non c’era distinzione tra generazioni. C’erano i vecchi ultras, quelli che hanno visto Palanca e gli anni d’oro del Catanzaro.
E poi i trentenni “pane e C2”, cresciuti nella polvere dei campi più difficili, negli anni delle ferite calcistiche, temprati nelle sofferenze e nelle trasferte impossibili.
E infine i giovani, che hanno visto il Catanzaro rinascere sotto la gestione Noto. Questa presidenza ha ridato organizzazione, ambizione, dignità e orgoglio.
Per questi ragazzi il giallorosso non è solo un’eredità: è un orizzonte possibile. È un futuro costruito con la serietà e con il lavoro. Sono la generazione che ha visto tornare il Ceravolo a vibrare e vissuto una risalita vera, tangibile. Oggi richiedono — con amore — che quello slancio non si perda.
Il corteo ha avuto qualcosa di antico e di moderno allo stesso tempo: il senso tribale del “noi”, della comunità che si compatta, e la consapevolezza contemporanea di essere parte di una storia lunga, che passa di mano in mano come una torcia che non si spegne.
Le bandiere – il giallo vivo, il rosso caldo, lo stemma dell’Aquila – sembravano voler toccare il cielo sopra il Ceravolo, quasi a voler dire che qui nessuna tempesta può scalfire la fede.
Un messaggio chiaro
L’arrivo della squadra allo stadio ha trovato un muro umano. Un’energia che entrava dentro. Un messaggio chiaro: potete sbagliare, potete soffrire, potete cadere, ma non potete non lottare. È questa la grammatica del tifo giallorosso: amore, appartenenza, pretese altissime e sostegno incondizionato.
La partita contro l’Entella è iniziata lì. In quel corteo. In quelle voci. In quello striscione. È iniziata nella promessa reciproca tra curva e squadra: lottare insieme.
Perché a Catanzaro il calcio non è un passatempo: è una geografia dell’anima.
E ieri la città ha ricordato a tutti – avversari, giocatori, osservatori distratti – che quando il Popolo giallorosso decide di farsi sentire, il rumore arriva ovunque, dai tre colli fino al mare.
Avanti Catanzaro!
Harp

