C’era un tempo in cui il calcio aveva l’odore dell’erba vera, le maglie pesavano quanto un giuramento e tirare da fuori area non era un azzardo, ma un atto d’amore. Era il tempo di Massimo Palanca, il sinistro più romantico della Serie A. Era il tempo in cui la “Gazzetta dello Sport”, dopo il Mundial del ’78, si inventò un premio per chi segnava da lontano, per chi osava. Per chi aveva il coraggio di sfidare la distanza e le geometrie. Cinque punti per ogni gol da fuori area, tre per ogni palo colpito. Una classifica per sognatori.
A vincerla, manco a dirlo, fu lui: Massimo Palanca, sette volte gonfiò la rete da fuori area, tre volte baciò i legni. Quarantaquattro punti, davanti a nomi illustri come Walter De Vecchi e Bruno Giordano. Lui, il numero undici del Catanzaro, col baffo da cantautore e il sinistro da fuoriclasse. Uno che i gol li faceva belli, mai banali. Uno che se c’era da calciare da lontano, lo faceva come se fosse l’unico modo di essere libero.
Nella foto che accompagna il ricordo, lo vediamo lì, al centro del campo, nel gremitissimo Comunale di Catanzaro, con la Curva Est – oggi Curva Angelo Mammì – come sfondo che trabocca di passione. È una giornata di festa. Il sole picchia forte, la città è tutta lì, sugli spalti. Palanca riceve il trofeo con quello sguardo basso, timido e fiero. Dietro di lui, Claudio Ranieri ed Enrico Nicolini osservano la scena in silenzio, compagni di battaglia e testimoni di un calcio che oggi somiglia a un sogno lontano.
Quel premio oggi fa sorridere, ma allora diceva tutto: raccontava un calcio che premiava il coraggio, l’estro, la distanza. E soprattutto raccontava Palanca, che da lontano vedeva meglio di tutti.
Stratosferico, sì. Ma anche romantico. Come il calcio che fu.
Foto web
Redazione 24


Negli anni 70 era semplicemente il più forte sinistro d’Europa senza timore di essere smentito, poi arrivò Maradona
Col suo sinistro bombardava la porta da qualsiasi posizione, calci d: angelo compresi
Che grande calcio quel calcio.Pura poesia.