Prima di scrivere questo pezzo, più volte abbiamo riascoltato la conferenza stampa del direttore sportivo Ciro Polito: ciò che ci ha colpito sono stati alcuni termini usati, che vogliamo sottolineare e fare nostri.
Più volte il direttore ha parlato di umiltà, unita al concetto di unione d’intenti, e chiaramente tutto ciò riguarda quel che ruota attorno alla nostra squadra del cuore.
La fine dell’epoca d’oro
Essere umili è innanzitutto ciò di cui abbiamo bisogno, perché il Catanzaro, prima dell’era Noto (con l’esclusione parziale dell’era Cosentino), era davvero finito nel dimenticatoio, in tutti i sensi. Un’anonima squadra che partecipava ai campionati di quarta e terza serie professionistica, quasi senza alcuna speranza e obiettivi, e che aveva cancellato tutto ciò di buono che il club aveva costruito nel corso della sua storia, in particolare nel periodo delle presidenze di Nicola Ceravolo e Adriano Merlo, fino a Pino Albano, che di fatto, prima del suo disimpegno, chiuse l’epoca della favola del Catanzaro.
Non è superfluo, perché è un dato di fatto, ribadire che la proprietà Noto ci ha fatto e fa sognare, risvegliandoci dagli anni persi nel dimenticatoio.

La tifoseria persa …
Il nostro discorso riguarda la tifoseria giallorossa, che per anni è stata smarrita e che, a causa dell’oblio in cui eravamo immersi, ha visto andare quasi perse le generazioni di tifosi nati dagli anni ’90. Chi come noi era presente anche quando si andava a giocare a Sant’Anastasia, Portici o Isola Liri – giusto per citare alcuni dei tanti campi in cui il Catanzaro si misurava – sa bene che quel nocciolo duro di tifosi – circa duemila persone che seguivano il Catanzaro in casa e 50-100 che lo accompagnavano nelle trasferte – sono una testimonianza viva di quanto ora si stia vivendo un sogno.

… e ritrovata
È anche una piacevole soddisfazione rivedere quei tifosi che, in passato, ci schernivano perché continuavamo a seguire il Catanzaro: averli riconquistati è un grande successo, ma la cosa più bella adesso è vedere i bambini vestiti di giallorosso, con i loro genitori che li portano al Ceravolo e anche in trasferta.
Questa è la nostra storia, quella di noi che, negli anni belli del Catanzaro, grazie alle nostre famiglie, ci siamo innamorati dei colori giallorossi e siamo stati tenaci nel farli diventare la nostra seconda pelle.
Stare uniti nei momenti di difficoltà – che nel calcio ci saranno certamente – e sostenere chiunque indossi i nostri colori, deve diventare un imperativo, perché, se vogliamo che i sogni diventino realtà, dobbiamo guardare alle cose belle del passato senza dimenticare quelle brutte.
È per questo che chi scende in campo dovrà dare l’anima, ma noi sugli spalti e durante la settimana dobbiamo sempre coltivare un’unica idea: “C’è solo il Catanzaro“, che deve diventare il nostro mantra.
Redazione 24
Copertina US Catanzaro 1929, foto interne uscatanzaro.net

