Il campionato di Serie B si è chiuso nel modo più indegno possibile. A Salerno, durante il ritorno del playout contro la Sampdoria, la partita è stata sospesa a 25 minuti dalla fine per un lancio di seggiolini, petardi, bottiglie. Scene che non appartengono al calcio. Scene da condannare, senza se e senza ma.
La violenza negli stadi è sempre inaccettabile. È lontana dalla civiltà, è nemica dello sport, è vergognosa. E deve essere punita, severamente. Ma ciò che lascia più amarezza, oggi, è il contesto in cui tutto questo è maturato. Un contesto malato, opaco, che ci riporta a episodi che chi tifa Catanzaro conosce bene: come la retrocessione a tavolino del 1991. Una ferita mai rimarginata, ancora viva, perché mai spiegata, mai sanata, mai giustificata.
La partita di Salerno era figlia di un verdetto rimasto sospeso per molto tempo, di una giustizia sportiva “particolare” e incapace di prevenire. E intanto il campo, l’unico giudice che dovrebbe contare, viene soffocato da ricorsi, controricorsi, carte bollate.
Ci interroghiamo, allora sul sistema calcio, su una Federazione che fatica a prendere decisioni chiare e tempestive, su una giustizia sportiva che appare poco credibile e su un calcio nazionale che non partecipa a un Mondiale dal 2014 e che continua a perdere terreno nei confronti delle grandi potenze europee.
Ci chiediamo che senso abbia un campionato prigioniero dei diritti TV, sempre meno a misura di famiglia, sempre più ostaggio di orari imposti, pacchetti pay-per-view e pubblicità invasive. Un calcio che scaccia le famiglie dagli stadi, che non valorizza i talenti italiani, che soffoca le piazze storiche, che ignora la passione autentica delle province e dei tifosi veri.
Il caos di Salerno non è un episodio isolato. È il sintomo. È la spia rossa accesa su un intero sistema da ripensare. Servono regole certe, rispetto per i tifosi, giustizia sportiva seria, trasparente e soprattutto puntuale.
Perché senza credibilità, questo calcio rischia di non appartenere più a nessuno.
Foto web
Harp


Bellissimo articolo che pone domande chiare,alle quali questo calcio moderno,quasi sintetico,non vuole rispondere.D’altra parte,quando non puoi neanche toglierti una maglietta dopo un goal,sai già che qualcosa è cambiato nel concetto stesso di passione e calcio quale patrimonio della gente.
Son d’accordo. Bell’articolo. Attinente ad una triste realtà.
Il verdetto sulle retrocessioni le deve dare sempre e comunque il risultato sul campo ove ogni squadra ha espresso le proprie capacita’ di gioco nell’arco di un intero campionato. I problemi del Brescia sono i suoi e le ripercussioni non possono ricadere sulla Salernitana. La giustizia sportiva cosi come e’ strutturata e’ sbagliata e in tal contesto si possono sempre ipotizzare interessi di parte. La Samp doveva andare in c cosi come.aveva deciso il sovrano campo, la classifica doveva rimanere la stessa ma evidenziando le incongruenze in essa contenute.