“Luglio mi ha fatto una promessa/l’amore porterà…”. Pardon, l’acquisto. Anche noi, in riva al mare, sfogliamo la margherita (viene, non viene/parte, non parte) per capire il Catanzaro che verrà. Il nuovo Catanzaro, firmato Alberto Aquilani. Non è una differenza di poco conto rispetto all’estate 2024, quando la società si ritrovò suo malgrado a cambiare in modo traumatico allenatore e direttore sportivo: tutti sappiamo come Vincenzo Vivarini, il tecnico dei record in Lega Pro e della meravigliosa avventura al primo anno in B, e Giuseppe Magalini scesero di corsa, senza preavviso e in malo modo dal treno giallorosso. Costringendo così il presidente Noto a scelte difficili, come quella del nuovo allenatore, arrivato con gli altri club già in ritiro e con un passato ingombrante (al Cosenza) che ha zavorrato il suo lavoro fin dal primo giorno.
Inutile prendersi in giro con false ipocrisie: Fabio Caserta è stato accolto con scetticismo (eufemismo) dalla gran parte della tifoseria, scetticismo sostituito da una critica feroce (altro eufemismo) dopo un inizio di campionato con risultati mediocri e gioco approssimativo. Tutto questo nonostante una campagna acquisti spezzatino, con giocatori arrivati in tempi e condizioni fisiche diverse, individuati dal nuovo ds Ciro Polito tenendo a mente il modulo tattico preferito da Caserta, molto diverso da quello utilizzato l’anno prima. Ecco spiegata l’abbondanza di esterni offensivi, grimaldello funzionale al credo del tecnico calabrese. Ma tutto questo è rimasto sulla carta, proprio perché non c’erano le condizioni per una rivoluzione: la classifica precaria ha consigliato un veloce cambio di rotta su acque già praticate e conosciute dalla squadra.
Il confronto tra giocatori (rappresentati dal capitano Iemmello) e Caserta, ha portato al patto di Bari, con il cambio di modulo (difesa a tre e centrocampo a cinque) e l’abbraccio corale dopo il gol del pareggio. Da allora il Catanzaro ha cambiato marcia, prima dimostrando carattere nel rimontare i tanti svantaggi e poi dando la svolta con vittorie pesanti. Una lunga striscia di risultati utili che ha permesso ai giallorossi di entrare in zona playoff (dopo aver frequentato quella playout) a novembre, raggiungendo persino il quarto posto (a marzo) davanti alla Cremonese (poi promossa in A), terminando la stagione regolare al sesto e venendo eliminati in semifinale dallo Spezia. Come nel 2024, meglio del 2024 se si considera che il Catanzaro di Vivarini giocava a memoria, mentre quello di Caserta si è dovuto arrangiare.
Ma allora, perché ancora una volta si è cambiato manico? La scelta è stata la logica conseguenza di un anno vissuto sul compromesso di Bari, irripetibile. Caserta aveva chiesto di poter allenare secondo il suo credo, chiedendo garanzie su acquisti e cessioni, oltre a un possibile prolungamento del contratto con annesso adeguamento (al rialzo). La società era disponibile a venire incontro ad alcune richieste, ma senza modificare la politica di valorizzazione dei giovani, sempre più visti come un investimento per garantire un futuro solido al Catanzaro. Insomma, bisognava fidarsi del lavoro di Polito e della dirigenza, impegnata a scovare giovani talenti da comprare, senza più ricorrere all’uso massiccio di prestiti da club importanti di Serie A. Una chiara voglia di autonomia, incoraggiata anche dai successi nei campionati giovanili (Primavera in primis).
Caserta ha valutato “alto” il rischio per la sua panchina, sapendo anche di non avere attratto molte simpatie nella tifoseria e temendo una contestazione in caso di falsa partenza. Alla fine ha preferito “monetizzare” l’ottimo risultato ottenuto con il Catanzaro (e gli vanno riconosciuti i meriti, non tutti gli allenatori sono inclini al passo indietro tattico per il bene della squadra), accettando la proposta del Bari, dopo essere stato a un passo della firma con l’Empoli.
Tempi e modi di questo addio, sono stati molto diversi da quelli di Vivarini. E infatti la società aveva già messo nel mirino il possibile sostituto, mettendo alla fine sotto contratto Alberto Aquilani che ha esordito nella conferenza stampa di presentazione con un eloquente “scusate il ritardo”. Nel luglio 2024 era stato già scelto come tecnico del Catanzaro, ma l’ex giocatore della Roma decise di rifiutare, consapevole di come il post Vivarini sarebbe stato complicato da gestire.
Adesso le cose sono cambiate, il Catanzaro può cambiare pelle senza traumi. Aquilani preferisce lavorare con i giovani, li ha sempre valorizzati e lanciati in campo senza paura. Ecco, il suo Catanzaro dovrebbe essere proprio così: senza paura, con una difesa a quattro solida e un centrocampo corsa, cuore, grinta e tecnica. Un Catanzaro più fisico rispetto a quello appena andato in vacanza, specie a protezione della propria aerea. Ma un Catanzaro capace di andare in verticale, in velocità e senza un possesso palla sterile, basso e pericoloso. Questo è il libro dei sogni, poi bisognerà confrontarsi con la realtà. E la realtà è fatta soprattutto di nuovi calciatori. E qui entra in campo la società.
Va bene evitare nomi ad effetto, di grido, dal passato celebre e futuro incerto; va bene scovare in C dei nuovi Bonini in grado di garantire cospicue plusvalenze; va bene stare attenti al bilancio visto i flop di società gloriose (la Spal non iscritta in Lega Pro è un esempio lampante); va bene tutto questo, ma i due anni di playoff consecutivi mettono il Catanzaro nella condizione di ambire a un campionato da protagonista. La piazza, la storia, la tifoseria e anche il presidente Noto, si meritano di lottare per traguardi importanti. E con un po’ di fortuna si può ambire a riportare la Calabria nella massima serie. Sì, dirlo non è un reato e neppure una bestemmia.
Ecco perché ci aspettiamo che luglio porti ad Aquilani i nuovi acquisti. Siano giovani, siano meno giovani, siano a metà strada. L’importante è arrivare in ritiro con la rosa quasi definita in modo da consentire al nuovo allenatore di lavorare da subito al massimo, senza costringerlo a pericolosi e deleteri programmi differenziati. Certo, con il mercato in chiusura a fine agosto, due o tre colpi finali sono nella norma, ma devono essere la classica ciliegina sulla torta, un plus da aggiungere a una squadra già rodata. Luglio è quasi sempre l’unico mese dell’anno senza gare ufficiali, ma spesso proprio a luglio si vincono i campionati o si mettono le basi granitiche per farlo.
Nel 2024 il Catanzaro non era nelle condizioni di avere queste fondamenta. Adesso, invece, le condizioni ci sono. Ecco perché ci aspettiamo segnali positivi in questa direzione, segnali che dovranno dare seguito a quelli arrivati finora (ci riferiamo ai tesseramenti dei vari Frosinini, Alesi e quello probabile dell’ex Marsiglia Seha, gestito da Kamara) in entrata, ma anche nelle cessioni. Parafrasando Francesco De Gregori, è proprio da certi particolari che si giudica una dirigenza.
Francesco Ceniti
Complimenti per il post che inquadra a 360gradi il passato recente e il futuro prossimo della squadra,con chiarezza.