Intervistiamo

Arrestato il boss latitante, Marcello Pesce

Scritto da Redazione
L’operzione è stata condotta dagli uomini dello Sco e della Squadra mobile di Reggio Calabria
 
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Marcello Pesce, detto “il ballerino”, 52enne ritenuto tra i più pericolosiboss della ‘ndrangheta, è stato arrestato, nel corso della notte, dagli uomini dello Sco e della Squadra mobile di Reggio Calabria.

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Pesce, che era ricercato per associazione di stampo mafioso, è stato rintracciato in un appartamento all’interno di una palazzina a due piani, vicina alla Statale 18, nel centro di Rosarno, roccaforte dell’omonimo clan.

Vistosi scoperto ha subito ammesso di essere lui, affermando: “Sì, sono io Marcello Pesce”, e non ha opposto alcuna resistenza.

Insieme al latitante la Mobile ha anche arrestato, per favoreggiamento, due personepadre e figlio che erano nello stesso stabile: Salvatore Figliuzzi (61 anni) e il figlio Pasquale (40anni).

Nella stanza dove dormiva Pesce, poi, sono stati trovati anchenumerosi libri di scrittori e saggisti francesi, tra cui Marcel ProustJean Paul Sartre: il che, hanno spiegato gli investigatori, fa notare la letture colte a cui il 52enne si dedicava. Dopo un primo smarrimento dovuto al blitz, Pesce, addirittura, ha chiesto agli agenti di poter portare con se proprio i suoi libri preferiti, alcuni appena acquistati ed ancora confezionati.

Il Latitante sfuggito all’arresto nel 2010, durante l’operazione “All Inside. In primo grado fu condannato oltre 15 anni di carcere, che i giudici d’Appello aumentarono a 16 anni e 2 mesi.

Gli investigatori, a conoscenza di possibili appoggi all’estero, l’anno scorso avevano esteso le ricerche del latitante anche in tutta Europa, grazie ad un mandato d’arresto europeo emesso dalla Corte d’Appello reggina.

Pesce, che è il figlio di Rocco (trucidato in un agguato nel giugno del 1969) e nipote del defunto boss Giuseppe, era inserito fino ad oggi nell’elenco dei latitanti pericolosi stilato dal Ministero dell’Interno, ed è stato raggiunto da un ordine d’arresto in carcere, il 20 maggio di sei anni fa, nel 2010, per associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni.

Secondo gli inquirenti sarebbe il “capo indiscusso” dell’omonima cosca, che è ritenuta una delle più agguerrite della ‘ndrangheta. Nel suo passato precedenti per associazione mafiosa, omicidio dolosostupefacenti e altro ancora.

Già negli anni ’90 il suo nome compare in alcuni rapporti della polizia nei quali ne veniva ipotizza l’appartenenza alla criminalità rosarnese, quando la stessa era capeggiata da Giuseppe Pesce. Del suo ruolo ne parlarono anche diversi collaboratori di giustizia, tra cui Salvatore Facchinetti e Giuseppina Pesce.

I PRECEDENTI.

La presunta carriera criminale del latitante parte dal febbraio del 1989 quando il Tribunale di Palmi emise a suo carico un mandato di cattura per associazione mafiosa. Nel 1990 è sottoposto alla sorveglianza speciale con divieto di soggiorno in Calabria, Basilicata e Puglia.

L’anno dopo arriva anche un’ordinanza di custodia in carcere poiché ritenuto appartenente ad un’associazione mafiosa. Da quest’ultimo reato è stato assolto insieme a quello di violazione delle leggi sugli stupefacenti. Nel 2002 viene arrestato nell’operazione “Gatto Persiano”: secondo la tesi accusatoria avrebbe “promosso, organizzato e diretto” la cosca Pesce che era federata con gli Albano.

LA FAIDA CON IL CLAN BELLOCCO

Per spiegare la caratura criminale di Pesce gli inquirenti mettono in risalto quanto emerso nell’ambito proprio dell’operazione “All Inside, che lo vide coinvolto. A conclusione dei processi di primo e secondo grado scaturiti dalla stessa operazione, il latitante fu ritenuto colpevole di aver preso parte alla ‘ndrina di Rosarno e di aver partecipato ad un summit pacificatorio con esponenti della cosca avversaria dei Bellocco, per evitare una pericolosa faida di ritorsione, scatenatasi a seguito dell’omicidio di Domenico Sabatino, vicino ai Pesce, e proseguita con i tentati omicidi di Vincenzo Ascone e di suo cugino Aldo Nasso, con l’assassinio di Domenico Ascone ed il ferimento di Michele Ascone, vicini al gruppo dei Bellocco.

Nell’ambito di questi processi è stato anche riconosciuto colpevole dell’intestazione fittizia di numerose autovetture, con l’aggravante della metodologia mafiosa.

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Redazione

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