ASSOCIAZIONE ULIXES: la sanità in Calabria

riceviamo e pubblichiamo

E cosa diranno ora i genitori della piccola Sara ? Che la sfortuna ha voluto che la piccola si trovasse in Calabria con la nonna? Che in Toscana questo non sarebbe successo? Sia vera o non sia vera la responsabilità dei medici indagati, non ha poi molto importanza. Questo penseranno i genitori di Sara, questo penserà l’Italia, questo, ancora peggio, penseranno i Calabresi. I quali, a ben ragione, sempre in numero maggiore, lasceranno la Calabria per farsi curare fuori. Anche e soprattutto per le cure più semplici. Per l’ordinario che diviene straordinario. Spaccando il paese Italia, almeno nella percezione che di esso si ha. Ed oggi non dimentichiamo che la percezione diventa più importante della realtà stessa. Come è vero nella saggezza popolare, un caso è caso, due casi può succedere, ma tre casi fanno una mezza verità. La mezza verità è che questa sanità calabrese costa quanto un Titanic ed affonda ad ogni primo viaggio!
La sanità è uno specchio vero, verissimo di una realtà. Nella Europa del welfare, la sanità è l’emblema del rapporto che l’amministrazione tesse con l’individuo. Il rispetto che ha dell’individuo e della sua dignità. Una politica culturale miope al limite ti riduce qualche possibilità. Una politica sanitaria fallimentare ti porta alla morte morale e fisica, alla fine di tutto. È nella politica per la salute che si misura in maniera chiara il grado di civiltà di una società ed il suo grado di democrazia. Gli ospedali nei quali le macchine si bloccano, l’igiene e la cura dei luoghi sono spesso pietosi, l’incompetenza si manifesta in forme sempre più preoccupanti non possono dare fiducia. Anche con tutti gli sforzi comunicativi e con tutte le possibili belle eccezioni del sistema. La regola è che o si parte fuori o ci si rifugia nelle cliniche e nelle visite specialistiche private (cioè quelli che ti dicono di andare in studio privato e sfilano dai 100 euro in su senza fatturare…una vergogna nazionale e che vive della morte e nella morte del sistema!). E cioè una spesa insostenibile per quel paese che stiamo diventando: quello degli stagisti a vita o degli 800 euro al mese lavorando da schiavi.
Ma il problema non è solo calabrese. Anche la sanità è un braccio del paese Italia, che promuove i peggiori purchè apparentitati o servili. Come dimenticare le frasi del dottor Iavarone, brillante mente emigrata negli USA, che, senza essere smentito, ha accusato il pluridisciplinare Prof. Mastrangelo, università Cattolica, di aver imposto il nome del figlio tra i cofirmatari del lavoro di ricerca condotto da Iavarone e moglie! Siamo oltre l’umana immaginazione. La cosa triste è che pero né un’opposizione politica, nè un’opposizione morale, il giorno dopo non sia andata sotto casa dell’emerito Prof. Mastrangelo a dirgli in faccia cosa ne pensasse del suo nepotismo miserabile. In altri tempi forse, all’indomani di quell’articolo, un Ministro, una direzione responsabile, avrebbe chiamato il prof. Mastrangelo e gli avrebbe spiegato che forse delle dimissioni o delle scuse pubbliche sarebbero state necessarie o, quanto meno, opportune! Qui è il paese dove non succede nulla. Sono certo che Mastrangelo junior tra non molto occuperà il posto del padre o uno molto simile, forte della brillantezza di quel lavoro di ricerca di cui magari conosce solo poche righe. E farà le scelte, opererà, dirigerà guidato dalla mano invisibile della Divina Provvedenza, che c’è, sempre, e vede e provvede, assicurando giustizia e salute a chi ci crede.

 

È  bene capire che quando si parla di sistema si parla di ciascuno di noi, quasi senza eccezione. Ciascuno di noi che erige, a suo modo, un mattone di un sistema ingiusto e lacunoso. Mi chiedevo in queste ore cosa potremmo provare a dire ai genitori di Sara per fornire una ragione. Ritengo molto poco. Almeno adesso. Molto poco la stampa, quella locale, quella che se non in tempi di emergenza mai attaccherebbe, se non per bocca di altri, un assessore alla sanità e la sua politica per non giocarsi le poche chances di approdare a un ufficio stampa e una retribuzione certa. Mai racconterebbe un fatto a distanza di mesi per capire cosa poteva essere fatto, cosa non è stato fatto, cosa si è pronti a fare. La politica può  naturalmente dire ancora meno. Molto meno. E noi cittadini comuni? Anche noi troppo poco. È vero che questa Italia ci sta rendendo sempre più miserabili, l’impoverimento e la crisi sempre più deboli e ricattabili nella vita quotidiana, le regole e le leggi difendono chi più ha, ci si obbliga alla prudenza e alla sterilità ma sembra che noi non vogliamo giocarci neppure l’ultima spiaggia. Dove sta la rabbia magari cieca che, come nei minuti di recupero di una partita di calcio, ci porta in avanti a tentare il gol del pareggio? In fin dei conti i giornali siamo noi a comprarli, la politica noi a votarla, la strada noi a occuparla. Ma non esprimiamo nessuna parte del potere che, anche in condizioni cosi difficili, abbiamo. Il potere d’indignazione e quel che rimane del potere di voto.

 

Quando vedo il Corriere porre in prima pagina la foto di Noemi Letizia a Porto Cervo e innescare il dibattito su questo e che questa è magari la notizia più cliccata, quando le candidature per partecipare al grande Fratello arrivano al milione, quando gli assessori di Melito Porto Salvo si prendono a cazzotti per la giuria di Miss Italia, allora occorre, forse, chiedersi lo stato del paese reale. E se lo devono chiedere i professori e i genitori, i politici e gli aspiranti politici più illuminati, la gente che ancora ci crede o che pensa di crederci, gli studenti universitari più capaci. Perchè diano esempi concreti, ridisegnino la società a partire dal modo con cui ridisegnano la propria vita quotidiana. Premiando un amico solo perchè è il migliore, raccontando ai propri figli le difficoltà della vita, facendo loro molte battute in dialetto ma costringendoli a studiare per bene italiano e inglese, apprezzando e non invidiando chi è più bravo di loro, esprimendo interesse per opinioni brillanti, seppur difformi, preferendo il nuovo alle proprie eterne quotidiane paure.

 

Salvatore Scalzo

   Presidente Associazione “Ulixes”

 

 

Autore

Salvatore Ferragina

Scrivi un commento