Cimino su Corso Mazzini: a fine lavori dovranno esprimersi consiglio e cittadini

 

“Io non sono un ingegnere, non un architetto, non un urbanista. Non voglio neppure indossare i panni di un cittadino amante del bello e che il bello sa coltivare con la finezza del suo comprovato senso del gusto. Mi trovo, e ci resto, nella strana condizione di un passante per caso, di un forestiero che di tanto in tanto viene nella nostra città e, vedendo quanto si sta verificando su Corso Mazzini, con lavori pesanti sul suo tappeto di pietre importanti, si domanda chi e come abbia potuto procedere a modifiche strutturali tanto imponenti. Esse modificano non la viabilità, ma la stessa fisionomia del Corso, il suo aspetto estetico e la sua funzionalità. Forse, anche la filosofia stessa che originariamente l‘ha ispirato. Qui non è in discussione neppure l’ipotetica non linearità di procedure che impegnano il Comune anche finanziariamente. E neppure la preoccupazione se alla base di questi lavori di ristrutturazione ci fosse o no un progetto organico e un progettista che lo abbia materialmente redatto o un organo istituzionale che l’abbia commissionato nel modo esatto in cui si sta eseguendo. La domanda che invece si pone è se nella Città capoluogo di regione possa essere consentito a un assessore al Marketing e al Turismo, alla Viabilità e al Mare, di procedere con un motu propriu successivamente “democratizzato”, a un cambiamento così radicale non solo della viabilità ma del volto prezioso del centro storico. Centro storico, che a fatica e con grande coraggio, negli anni precedenti l’avvento della sedicente prima Giunta di sinistra, è stato pensato, progettato e cantierizzato, e realizzato fino quasi ad un ultimo piccolissimo tratto. Quell’idea di Corso che ha ottenuto i finanziamenti europei sul principio del recupero e della valorizzazione dei centri storici e la formazione di una nuova cultura di tutela ambientale e urbanistica, aveva ottenuto tanti passaggi di elaborazione e di consenso, non ultimo quello del Consiglio comunale. In questo caso il Consiglio non solo non è stato interessato ma neppure semplicemente informato. Anzi sempre più appare come un mite testimone del passaggio di proprietà di un bene pubblico ad una concezione privatistica dello stesso. L’ironia ben si addice ad un atteggiamento e a uno stile amministrativo ricorrente nell’attività di alcuni amministratori che pensano di gestire i problemi da soli o con un gruppetto di amici che a loro si riferiscono e che delle loro estemporanee iniziative vorrebbero farne un insieme progettuale, a copertura di un grande vuoto di idee che caratterizza questa fase politica. Lasceremo finire, come chiede qualcuno, questi lavori e lasceremo completare quelli dell’arredo urbano così come lasceremo avviare il nuovo piano della viabilità tanto propagandato. Ma dopo, immediatamente dopo, chiederemo che il Consiglio comunale sia reso edotto di tutto il percorso compiuto, di ogni atto deliberato e di ogni spesa effettuata, così come di qualsiasi progetto l’abbia ispirato. Chiederemo che il Consiglio si pronunci e decida, al di fuori degli schemi rigidi e degli ordini di scuderia. Chiederemo che con i mezzi della moderna comunicazione si esprimano i cittadini, e non soltanto i residenti, commercianti compresi, sul Corso. E non ci si venga a dire che “ormai quel che è fatto è fatto”, perché questa volta non sarà possibile accettarlo. La Città è di tutti, anche di quelli che residenti a Catanzaro non sono”.

Autore

Salvatore Ferragina

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