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Cronaca di una giornata ai confini del surreale

Silenzio a Steccato, rumori a via Paglia

Una curiosità mi aveva sempre attanagliato, da quando il Catanzaro ha iniziato il suo peregrinare per i campi della Calabria: dov’è il più lontano fra i campi prescelti dalle Aquile per le loro fatiche infrasettimanali, il famoso campo di Steccato di Cutro? E quanto è lontano? Detto fatto, partenza e arrivo, dopo tre quarti d’ora scarsi. La scena è di quelle che animano la fantasia dei migliori scrittori di futebol sudamericani, il mare all’orizzonte, due palme residuo in disgrazia di chissà quale passato patrizio, casupola in cemento grezzo a custodire le preziose nudità di Sorrentino e Compagni. Non mancano neanche il sole sui tetti dei palazzi in costruzione e la polvere mentre tira il vento della canzone di de Gregori. Di quella canzone manca solo Nino che cammina che sembra un uomo. Nino non c’è più da due mesi, ma chi è rimasto sta dimostrando le sue stesse capacità manageriali.

Il campo è piccolo e con poca erba, e mi chiedo perché siamo lì. Perché Steccato di Cutro, Provincia di Crotone (da cui dista 25 Km) quando il campo di Giovino, perfetto per lo scopo, è inutilizzato? Perché non si pianta l’erba nel campo antistante l’ingresso del settore distinti? Un investimento troppo ingente? Perché una società di serie B qual è il Catanzaro dà sempre l’impressione di essere un avamposto del peggior terzo mondo sportivo e un modello di perfetta disorganizzazione? Carlo Nervo avrà anche sbagliato a parlare male della società che probabilmente lo pagava, ma dargli torto è dura davvero.

Durante la partitella, fratinati contro k-way blu, si notano De Simone e Myrtay in buona salute e un Pierotti rasato e molto preciso a sinistra, pensi a com’è differente il clima partita da queste sgambate in cui i ragazzi giocano senza la paura di sbagliare, senza l’assillo del risultato. Solo Sorrentino ti da l’impressione di esser sempre nervoso e inconcludente, alla domenica come al martedì. Facciamo la conoscenza di Vanin, della provincia di Sao Paulo ma di origini venete. E lo si vede proporsi spesso a destra, e tentare il dribbling. Non vi nascondo che sentire un accento brasileiro da parte di un giocatore mette già di buon umore. Quel buon umore che manca a Guerini, un uomo ai limiti del depresso. E lo capisco, parla di vari rifiuti e di una realtà calcistica che stenta a comprendere, quella di giocatori che non prendono in considerazione l’idea di mettersi in mostra nella vetrina della serie B. Vetrina disadorna quella giallorossa, penso, ma vedere un professionista come Guerini uscire dal manufatto in cemento e infilarsi triste in macchina è una scena da film drammatico. I guardiani del nulla.

In campo i due portieri sono Anania da una parte e D’urso dall’altra, un portiere serve e serve subito. Belardi fa presenza a parte, così come Di sole, un po’ di corsa, addominali e via. Russo è già in Maremma, pare, e l’emorragia non sembra fermarsi qui, l’idea è quella di un gruppo in disarmo.
Povero Catanzaro, ultimo in classifica e in esilio nel far west dello jonio crotoniate, in una terra amica ma francamente poco pratica per visite giornaliere quali sono quelle del gruppo di Guerini.
Poteva bastare per oggi? No che non poteva. Allora via, verso lo Stadio Ceravolo, crocevia sentimentale di tutta una regione, cuore pulsante del capoluogo che non si ferma mai. E che infatti batte all’impazzata: un capannello di persone attornia il famoso azionista di minoranza Pino Mirante, che tiene banco parlando al telefonino e rispondendo alle domande dei curiosi. Accanto a lui tale Sig. Lobello, imprenditore, e il di lui figlio. Parlano di un accordo già raggiunto ma da formalizzare, e di lui, il secondo Pino più famoso dello stadio dopo quello che da quasi un secolo staziona in curva ovest, a fare da ammistratore delegato. Un bel passo in avanti per il rampante imprenditore nostrano, da mister trepercento a rappresentante del gruppo di maggioranza con ampi poteri di delega.
L’aspetto surreale della vicenda è che il tutto si svolge nella sala riunioni del cosiddetto gruppo biglietteria, in un dibattito moderato dal moderatore per eccellenza che collabora alla stesura di questo testo.
I tifosi chiedono, propongono soluzioni, parlano di cariche e rifiutano compromessi: la più alta forma di democrazia in una società di calcio, altro che l’azionariato popolare di Barca e Real. Florentino Perez e Laporta dovrebbero fare un giro da queste parti.
Lobello parla di un gruppo, quello delle “Aquile” a quote paritetiche con molti soci nell’imprenditoria dei tre colli, di cui non farebbe parte Procopio e che avrebbe individuato in Mirante il socio ritenuto più adatto a portare avanti la trattativa di acquisizione. Rumors, fino a che non sarà messo nero su bianco, e altre voci nella notte parlano di un Poggi poco incline a cedere. Bontà sua, una cessione societaria è sempre e solo un fatto di tempi e di prezzi, e i tempi purtroppo determinano anche i prezzi. La sensazione è che si sia lontani da una conclusione del teatrino a cui i tifosi assistono impotenti da troppo tempo, fra sussurri, voci e grida che speriamo finiscano presto con un accordo serio e duraturo, fra persone serie e rispettose della ingenuità pura e preziosa della gente.

Quel che è certo è che il mercato preme, che il tempo passa e non aspetta noi, non aspetta quei giocatori abbandonati a se stessi e comandati da un condottiero orgoglioso, stanco e sfiduciato, non aspetta chi ha raccolto in tutto un girone la miseria di 11 punti e che appare sempre più distante dal teatrino di cui sopra.
Serve chi li sproni, li protegga, li rinforzi e li foraggi. Le truppe sono stanche, i rifornimenti scarseggiano e il gruppo di comando è lontano e distratto. Ecco, questa è forse l’immagine più forte di tutta la giornata: la lontananza, fisica e ideale, fra la truppa e i suoi Generali. Silenzio a Steccato, con i palloni nel sacco a rete di Tutù da ormai un’ora abbondante. Gran vociare allo stadio. Tutto molto surreale, ma anche questo è il calcio a Catanzaro.
In bocca al lupo, amici miei…

Giannantonio Cuomo

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