”Ecco il capoluogo che vogliamo” -III puntata – di S. Scalzo (Pres. Ulixes)

Le grandi sfide della giunta Olivo

Una svolta culturale ancora prima della politica

di

Salvatore Scalzo

Presidente Associazione Ulixes

Non esistono grandi e piccole ranches che classificano la qualità della politica. Si può fare ottima politica anche in una semplice e sola famiglia; figuriamoci dunque se un capoluogo di regione non ha l’obbligo di confrontarsi con le cosiddette questioni di macro-politica che investono lo scenario nazionale e quello internazionale. Tutto questo per dire che, una volta archiviate le polemiche o le verifiche sulle eredità di bilancio e smaltite le frizioni interne, e quando per la giunta Olivo arriverà il momento (e ci auguriamo presto) di spiegare alla società civile del capoluogo quali sono le azioni di sviluppo, le idee e i piani per la città occorrerà guardarsi allo specchio e comprendere che occorrono scelte coraggiose e lungimiranti.

Esistono due grandi questioni sul campo e che investono a pieno le speranze e le attese nei confronti della giunta: il recupero di una piena dimensione politica dell’operato amministrativo ed il riscatto di un centro-sinistra che a livello nazionale non sembra avere identità e ruolo.

Primo punto: recupero della dimensione politica. C’era una frase bellissima espressa da Cacciari a proposito degli scandali economici che coinvolsero i “furbetti del quartierino” tempo addietro (vari Ricucci e amata compagnia): “Il problema oggi non è l’intreccio tra economia e politica perché quello c’è sempre stato. Il problema vero è recuperare la politica alta, i grandi statisti”. E aggiungeremmo dunque noi, i grandi amministratori. La dimensione alta della politica significa anzitutto due cose: studio e programmazione. Competenza ed attuazione per usare due termini ancora più chiari. Deve esistere una chiara visione della città, delle sue attitudini e potenzialità e delle sue inclinazioni. Fatto questo, in ogni settore, con il contributo di validi supporti tecnici, dispiegare azioni precise orientate allo scopo. Non più una politica del giorno per giorno ma piani di medio-lungo periodo con decisioni conseguenti in grado di saldarsi. Il tutto in un’ottica di interazione costante con le forze operanti sul territorio (e dunque comunicazione e concerto).

Secondo punto: un centro-sinistra moderno. La pessima figura rimediata dal centro-sinistra a livello nazionale con l’ultima finanziaria è testimonianza ed emblema dell’incapacità (vuoi anche per l’eterogeneneità delle forze che lo compongono) di cogliere le sfide presentate da un’economia sempre più complessa e da un paese che non cresce. Penso con onestà che uno dei limiti di questo centrosinistra sia quello di concepire l’idea che, in questa situazione di crisi economica e di bilancio,  un’ottica redistributiva (e assecondante secolari privilegi) slegata da creazione di valore aggiunto significhi “mors lenta, sed certa”. E’ come, ed arrivo al punto, si avesse la paura di comprendere che la creazione del valore passa attraverso la promozione dei meriti individuali. Per questo la giunta catanzarese deve rispondere a questa grande sfida anzitutto culturale, tanto più nella realtà del clientelismo e dell’”accontentiamo tutti”; occorre concepire un centro-sinistra capace di fondare la crescita e i progetti sulla promozione del merito. Per questo l’avvertimento ed assieme la speranza: avere il coraggio di dire no ai tanti avvoltoi di prebende che busseranno alle porte degli assessorati (con in mano il coltello dell’appoggio nella campagna per le provinciali), come fanno puntualmente da venti o trent’anni , inseguire iniziative coraggiose solo perché ritenute valide, privilegiare le competenze e le menti in campo, saper selezionare e valorizzare il capitale umano. In ogni settore.

Siamo in tempi di stretta economica, specie per le amministrazioni locali.  I soldi sono pochissimi. Pensare di concederli in manciatine senza prospettive d’investimento è bendarsi gli occhi e maturare responsabilità verso la prossima generazione.

Coraggio e intelligenza. Solo su queste basi è legittimo intendere il lavoro di qui a cinque anni, svegliare il capoluogo. E chissà che non si costruisca qualcosa di importante e magari un’azione amministrativa capace anche di fungere da modello. Le rivoluzioni molto spesso si costruiscono dal basso.    

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Redazione

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