ECCO IL CAPOLUOGO CHE VOGLIAMO

“Un capoluogo da ritrovare”

di Salvatore Scalzo

Catanzaro vive uno dei momenti più difficili della propria storia. Immiserita da una serie di scelte politiche ed urbanistiche negli ultimi decenni, che non è qui il caso di riprendere, il capoluogo continua a vivere una situazione di collasso progettuale e culturale che trova i suoi riflessi visibili in un ammanco di affermata e consolidata classe dirigente, una statica, piccola e autoreferenziale classe imprenditoriale (che aveva perfino pensato alle ultime elezioni di impossessarsi delle strutture dell’amministrazione locale), in un invecchiamento visibile della popolazione. La congestione urbanistica, che anni di interminabili lavori di ristrutturazione hanno e continuano a generare, sembra quasi la metafora di un’esasperante tripudio dell’immobilismo e della non curanza. La città cede così alle spinte centrifughe provenienti dalle altre province e dagli altri aggregati territoriali e soprattutto alla mentalità conservatrice e conservante di quella generazione del posto fisso nell’amministrazione pubblica, che continua irreversibilmente a segnarne le scelte. Il recupero di Catanzaro come capoluogo è un passaggio decisivo non solo per le speranze dei figli del capoluogo ma anche per il futuro stesso della regione che, come in ogni contesto che si rispetti e voglia reperire strategie di rilancio, non può non fondarsi sul riacquisto di un’identità chiara ed omogenea e su una guida politico-culturale di riferimento. E’ come dire che una testa mancante o debilitata ridicolizza e sterilizza l’intero corpo. Per questo la questione Catanzaro, che non può essere rimandata, è una grande questione calabrese e come tale necessità dei tempi e delle intuizioni della macro-politica o di quella politica con la P maiuscola.

In questo intervento concentro l’attenzione su tre punti perché capoluogo significa configurarsi come un centro fisico, amministrativo-progettuale, culturale e ognuna di queste dimensioni è strettamente vincolata all’altra

Centro fisico significa anzitutto riconnettersi alle vie di comunicazione principali che attraversano la regione. A mio avviso 4 sono i fattori su cui rilanciare questa iniziativa: a)una battaglia politica seria e determinata per la ripresa della statale 106 con particolare riferimento ad un nodo diretto che impedisca l’ingresso in zona Lido (già al momento della costruzione della rotatoria, qualche inascoltata voce aveva proposto una bretella Lido-Squillace, parallela al lungomare, proprio in quest’ottica) b) affiancare al punto a) una ristrutturazione del nodo ferroviario Crotone-Soverato (che abbia il suo centro nella stazione di Catanzaro Lido) in un’ottica di efficienza e di servizio al turismo c) una strategia d‘intesa e recupero della dimensione provinciale Catanzaro-Lamezia che esalti la complementarità dei due contesti e la necessità di integrare la realtà della città catanzarese con l’aeroporto e la ferrovia di Lamezia Terme d) una progettualità turistica integrata con i comuni di Soverato e dintorni così da dotare l’intera architettura turistica della provincia entro spazi di gestione e progettazione più grandi e condivisi.

I 4 fattori viaggiano assieme ed in analoghe direzione. Sono 4 tasselli d’un quadro che ricostituisce Catanzaro come centro fisico della regione a partire dalla valorizzazione della provincia che fa capo al capoluogo e delle risorse economico-geografiche proprie dell’area calabrese: il mare, le tradizioni, il turismo.

Catanzaro come centro amministrativo è una realtà che ormai non ci appartiene da diversi anni a meno di non accontentarsi dell’ubicazione fisica delle riunioni del consiglio regionale. Non figura un assessore della zona (e qui si potrebbe aprire una parentesi interminabile sulla necessità di riformare il voto regionale così da scongiurare la dipendenza tra il consigliere-assessore e il suo ristretto collegio elettorale) e gli schiaffi dell’ente regionale sono continui. Per citare un esempio, la cultura nel capoluogo è praticamente ferma, colpita da una diminuzione (aggiunta al ritardo) delle erogazioni regionali. L’ultima riunione sulla stagione del Politeama segnala un ammanco di 380,000 euro nei finanziamenti promessi dall’ente regionale. E gli esempi potrebbero continuare facendo riferimento ad altre istituzioni della cultura cittadina. E’ chiaro che manca la consapevolezza e la coscienza della connessione stretta, già ricordata, intercorrente tra il rilancio della regione e la ripresa del capoluogo catanzarese e in quest’ottica la giunta della città deve instaurare un confronto continuo, serrato, anche velenoso con una giunta regionale con la quale occorre reperire progettualità e finalità comuni. Certo l’ambiguità che ha contraddistinto il quadro politico delle ultime elezioni comunali (con consiglieri di centrosinistra che hanno sfidato la candidatura di Olivo e parte del centro-sinistra) non facilita la ricomposizione e c’è da augurarsi che quelle responsabilità in un futuro non prossimo possano emergere ed essere sanzionate dall’elettorato. Quello che è certo è che la giunta Olivo deve essere vigile e riappropriarsi con ogni mezzo di un nodo di connessione diretto e privilegiato alla progettualità dell’ente regione.

Capoluogo come centro culturale. La cultura in città è ferma o quasi. Quel poco che esiste è scarsamente valorizzato e comunicato. La città spegne le luci alle 9,00 di sera. Gli stimoli culturali per le nuove generazioni sono scarsissimi se non assenti. L’università offre segnali importanti ma è un cammino che è ancora alle sue prime fasi. E’ mancata o manca una politica giovanile organica e che coinvolga l’intero tessuto territoriale dal centro alla periferia. I primi elementi di sfida saranno l’aumento dei finanziamenti culturali da destinare alle periferie (ma non come spiccioli clientelari ma secondo un disegno da vagliare in seguito a studi e confronti), l’apertura ai giovani nella fase progettuale e poi un elemento rivoluzionario: la grande decentralizzazione delle amministrazioni e delle strutture scolastiche. Catanzaro deve tornare a respirare. Belle, bellissime le passeggiate e le riscoperte ma se il centro continuerà a soffocare sotto il peso del grande e privilegiato ceto dell’amministrazione che produce traffico e congestione e soprattutto, indirettamente, ostacola la progettazione culturale e produce l’abbandono e il silenzio della città al timbro del cartellino, nessun cambiamento vero risulterà operabile. La decentralizzazione così descritta è una grande sfida culturale oltre che un bisogno logistico sempre più pressante. La creazione di stimoli e d’una progettazione nuova possono passare anzitutto attraverso questa strada.

Sugli elementi descritti è legittimo attendersi l’impegno di questa nuova giunta sperando vivamente che le corse alla spartizione della torta (di cui abbiamo avuto già sentore), la tradizionale avversione al rischio della classe dirigente catanzarese e della stessa popolazione e soprattutto l’autoreferenziale logica conservatrice del politico di casa nostra chiudano ogni strada ai tempi e alle logiche della macropolitica. Sarebbe l’ennesima coltellata ad una città, che, sembra, non ha più neppure la forza di credere o di sperare in giorni migliori.

Catanzarò è ora all'altezza del ruolo di capoluogo?

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Autore

Redazione

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