Intervistiamo

L’Istat e la crisi: “In Calabria il 26,9% delle famiglie vive in povertà assoluta”

Nel 2014, 1 milione 470 mila famiglie (il 5,7% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta in Italia, per un totale di 4 milioni e 102 mila individui (6,8% dell’intera popolazione). Tra le persone coinvolte, 1 milione 866 mila risiedono nel Mezzogiorno (l’incidenza è del 9%), 2 milioni 44 mila sono donne (6,6%), 1 milione 45 mila sono minori (10%), 857 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (8,1%) e 590 mila sono anziani (4,5%). Dopo due anni di crescita, tuttavia, nel 2014 l’incidenza di povertà assoluta è rimasta stabile; se infatti si tiene conto dell’errore campionario (3,8%), tale incidenza è compresa tra il 5,3% e il 6,1%, con una probabilità del 95%. È stabile al 19,1% anche l’intensità della povertà che, in termini percentuali, indica quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente al di sotto della linea di povertà, ovvero “quanto poveri sono i poveri”.

Segnali di miglioramento si osservano poi tra le famiglie con persona di riferimento di età tra i 45 e i 54 anni (dal 7,4% al 6%), tra le coppie con due figli (dall’8,6% al 5,9%, che si lega a quello delle famiglie di 4 componenti, dall’8,6% al 6,7%) e tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 23,7% al 16,2%) che, rispetto al 2013, più spesso vivono in famiglie con al proprio interno occupati o ritirati dal lavoro. L’incidenza di povertà assoluta è in lieve diminuzione anche nei piccoli comuni (dal 7,2% al 5,9%), soprattutto in quelli del Mezzogiorno (dal 12,1% al 9,2%), e tra le famiglie composte da soli italiani (dal 5,1% al 4,3%).

Livelli elevati di povertà assoluta si osservano per le famiglie con cinque o più componenti (16,4%), soprattutto se coppie con tre o più figli (16%) e famiglie di altra tipologia, con membri aggregati (11,5%). L’incidenza sale al 18,6% se in famiglia ci sono almeno tre figli minori e scende nelle famiglie di e con anziani (4% tra le famiglie con almeno due anziani). L’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento (i valori minimi, intorno al 4,6%, si registrano tra le famiglie con a capo un ultra cinquantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se la persona di riferimento è almeno diplomata l’incidenza è quasi un terzo di quella rilevata per chi ha la licenza elementare).

La povertà assoluta colpisce in misura marginale le famiglie con a capo imprenditori, liberi professionisti o dirigenti (l’incidenza è inferiore al 2%), si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (4,4%), sale al 9,7% tra le famiglie di operai per raggiungere il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (16,2%).

Se la povertà assoluta nei piccoli comuni del Mezzogiorno è quasi doppia rispetto a quella rilevata nelle aree metropolitane (9,2% contro 5,8%), al Nord l’incidenza più elevata si registra proprio nelle aree metropolitane (7,4% contro 3,9%); si profilano quindi due diverse dimensioni del disagio: quella rurale del meridione e quella metropolitana delle regioni settentrionali.

Infine, la povertà assoluta è decisamente elevata tra le famiglie con stranieri (12,9% per le famiglie miste, 23,4% per quelle con tutti componenti stranieri) e sostanzialmente stabile nel confronto temporale, a differenza del leggero miglioramento riscontrato per le famiglie di soli italiani (l’incidenza passa dal 5,1 al 4,3%). Nel 2014, sono 2 milioni 654 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (il 10,3% di quelle residenti), per un totale di 7 milioni 815 mila individui (il 12,9% dell’intera popolazione), di cui 3 milioni 879 mila sono donne (l’incidenza è del 12,5%), 1 milione e 986 sono minori (19%) e 1 milione 281 mila anziani (9,8%). La povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (era al 10,4%).

La povertà relativa risulta stabile in tutte le ripartizioni geografiche: si attesta al 4,9% al Nord (4,6% nel 2013), al 6,3% al Centro (6,6% nel 2013) e al 21,1% nel Mezzogiorno (21,4%). Anche rispetto ai gruppi di popolazione non si osservano dinamiche particolarmente accentuate. Migliora la condizione delle famiglie di anziani al Centro (con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, dal 5,9% al 4,1%, o con al massimo la licenza elementare, dall’11,1% al 7,5%) e quella delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 32,3% al 23,9%), soprattutto nel Mezzogiorno (dal 49,3% al 29,5%), miglioramento quest’ultimo legato, analogamente a quanto evidenziato per la povertà assoluta, all’aumento di coloro che vivono con un occupato o un ritirato dal lavoro. Nel Mezzogiorno migliora anche la condizione delle famiglie residenti nei piccoli centri (dal 25,8% al 23,7%), a fronte di un peggioramento di quelle che vivono nei grandi comuni (dal 16,3% al 19,8%). Lievi segnali di peggioramento si registrano per le famiglie con figli minori, in particolare con due figli (dal 15,6% sale al 18,5%), soprattutto nel Centro (dall’8,1% al 13,6%).

Tali segnali si associano al peggioramento della condizione delle coppie con persona di riferimento con meno di 65 anni (dal 4,9% al 6,5%), a quello delle famiglie con a capo una persona almeno diplomata (dal 5% al 6,2%, nel Mezzogiorno dall’11% al 13,2%) e a quello delle coppie con un figlio (nel Nord dal 3,5% al 5,4%). L’intensità della povertà, nel 2014, è risultata pari al 22,1% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 811,31 euro mensili; nel 2013 era di 801,10 euro mensili (si veda la voce “Spesa equivalente” nel glossario).

Nel Mezzogiorno, alla più ampia diffusione della povertà si associa la maggiore gravità del fenomeno: la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è pari a 804,23 euro, valore più elevato dei 783,17 euro rilevati nel 2013 (l’intensità è passata dal 24,1% al 22,8%). Nel Nord e nel Centro, dove la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è più elevata (818,28 e 835,71 euro rispettivamente), l’intensità risulta in leggero aumento al Nord (dal 18,3% al 21,5%) e pressochè stabile al Centro (al 19,8%). Nel dettaglio territoriale, il Trentino Alto Adige (3,8%), la Lombardia (4%) e l’Emilia-Romagna (4,2%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà. Ad eccezione dell’Abruzzo (12,7%), dove il valore dell’incidenza non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese.

Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (26,9%), Basilicata (25,5%) e Sicilia (25,2%), dove oltre un quarto delle famiglie è relativamente povero. Il 28% delle famiglie con cinque o più componenti risulta in condizione di povertà relativa, l’incidenza raggiunge il 36,8% fra quelle che risiedono nel Mezzogiorno. Si tratta per lo più di coppie con tre o più figli e di famiglie con membri aggregati, tipologie familiari tra le quali l’incidenza di povertà a livello nazionale è pari, rispettivamente, al 27,7% e al 19,2% (35,5% e 31% nel Mezzogiorno). Il disagio economico si fa più diffuso se all’interno della famiglia sono presenti figli minori: l’incidenza di povertà, pari al 14,0% tra le coppie con due figli e al 27,7% tra quelle che ne hanno almeno tre, sale, rispettivamente, al 18,5% e al 31,2% se i figli hanno meno di 18 anni. Il fenomeno, ancora una volta, è particolarmente evidente nel Mezzogiorno, dove è povero oltre il 40% delle famiglie con tre o più figli minori.

L’incidenza della povertà relativa è superiore alla media nazionale anche tra le famiglie di monogenitori (12,8%), soprattutto nel Mezzogiorno (dove è povera una famiglia su quattro), mentre risulta meno diffusa tra i single (4,4%) e le coppie senza figli di età inferiore ai 65 anni (6,5%, in leggero peggioramento). Anche tra le famiglie di e con anziani i valori sono inferiori alla media nazionale, soprattutto se si tratta di persone sole (7,4%) o in coppia senza figli (9,1%). Solo le famiglie con a capo una persona tra i 55 e i 64 anni mostrano un’incidenza (8%) inferiore a quella delle famiglie con persona di riferimento anziana (9,3%); tra quelle più giovani, infatti, l’incidenza della povertà diminuisce all’aumentare dell’età: dal 14,3% delle famiglie con persona di riferimento under35 all’8% di quelle con capo una persona tra i 55 e i 64 anni.

Se il livello d’istruzione della persona di riferimento è basso (nessun titolo o licenza elementare) l’incidenza di povertà è più elevata (15,4%) ed è quasi tre volte superiore a quella osservata tra le famiglie con a capo una persona almeno diplomata (6,2%). Inoltre, la diffusione della povertà tra le famiglie con a capo un operaio o assimilato (15,5%) è decisamente superiore a quella osservata tra le famiglie di lavoratori autonomi (8,1%), in particolare di imprenditori e liberi professionisti (3,7%). I valori più elevati si osservano tuttavia tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (23,9%).

L’incidenza della povertà relativa è superiore tra le famiglie che vivono nei piccoli comuni (11,7%), quasi doppia rispetto a quella che si rileva nelle aree metropolitane (6,9%) (Prospetto 16). Tuttavia il risultato è la combinazione di evidenze differenziate sul territorio: se nel Mezzogiorno si ripropone quanto osservato per l’Italia nel suo complesso (23,7% contro 12,3%), nel Nord, l’incidenza nelle aree metropolitane (7,6%) è leggermente superiore a quella dei piccoli comuni (4,9%). Infine, tra le famiglie con stranieri l’incidenza di povertà relativa è decisamente più elevata rispetto a quella registrata tra le famiglie composte da soli italiani: dall’8,9% di queste ultime passa al 19,1% tra le miste e arriva al 28,6% tra le famiglie composte da soli stranieri.

Le differenze tra italiani e stranieri sono molto più marcate nel Centro-nord, anche se i livelli di povertà sono comunque più contenuti rispetto al Mezzogiorno: nel Nord e nel Centro l’incidenza di povertà tra le famiglie di soli stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, nel Mezzogiorno è circa doppia.

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Redazione

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