Catanzaro News

Quel pasticciaccio brutto di Rende

Scritto da Francesco Ceniti

A pagare non siano solo gli ultras del Catanzaro

Sogniamo un Paese dove buongiorno voglia dire buongiorno, ma quello che sta accadendo dopo Cosenza-Catanzaro va purtroppo nella direzione opposta. Ci sarebbe piaciuto molto parlare di calcio, di una vittoria fantastica, di una squadra meravigliosa e di un capitano (auguri, Pietro) che sale sulla cattedra a tinte giallorosse anche meglio del professor Keating. Ci sarebbe tanto piaciuto, ma la cronaca degli incidenti, le ricostruzioni parziali, i buchi clamorosi di chi doveva garantire l’ordine pubblico, gli arresti e il tentativo goffo di scaricare ogni responsabilità solo sono una parte, ci costringe a prendere posizione in modo netto.

Partiamo da un’ovvietà: ogni genere di violenza va condannata, compresa quella scaturita da una reazione. Nessuno vuole dare patenti d’impunità in base alle appartenenze sociali e sportive più vicine ai nostri desiderata. Ok, ci piace la mentalità ultras che porta i ragazzi in curva, fanno spettacolo (a loro spese) al pari dei giocatori: cori, coreografie, passione e un tifo sano che ti fa sentire bene “anche se tu non mi vuoi bene”. Uno stadio vuoto è un non senso, disputare una gara a porte chiuse una sconfitta dello Stato. La repressione tout court, lo insegna la storia, fa solo danni. Questo non vuol dire anarchia, il non rispetto delle regole. E soprattutto non ci piace la “filosofia” degli scontri. Ma stiamo andando fuori tema, torniamo al post derby. Chiarito e ribadito la nostra lontananza siderale da chi, sbagliando, è caduto nel tranello di una provocazione che aveva la forma di un agguato, quello che non ci sta bene e la piega presa dagli eventi successivi.

Abbiamo e dobbiamo avere fiducia nelle forze dell’ordine, nella magistratura e da tutte quelle componenti che sono i capisaldi di una democrazia, ma non va tradita la fiducia dei cittadini, altrimenti crolla tutto. E francamente attendiamo con ansia che la Questura di Cosenza relazioni in modo preciso e puntiglioso sugli scontri di Rende. Quello che è passato finora sui media (nazionali e regionali) sono al massimo ricostruzioni parziali, figlie forse di veline, che non rendono onore alla giustizia. Fuori da ogni metafora: viviamo sotto l’ombra del Grande Fratello da un bel po’ di anni, ogni nostra mossa è ripresa da telecamere e telefonini. Pure gli scontri di Rende sono finiti in questa diretta tv permanente. E per fortuna, aggiungiamo. Anche chi non capisce nulla di ordine pubblico si è potuto fare un’idea che non può collimare con la versione “tutta colpa dei tifosi catanzaresi”. Si vede chiaramente un gruppo di ultras (ma davvero erano ultras?) del Cosenza sbucare in tranquillità nella rotonda dove erano fermi i bus dei supporter arrivati dal capoluogo di regione. Si vede altrettanto chiaramente come siano loro a iniziare il lancio di pietre, fumogeni e altri oggetti. Si sentono poi le grida di paura delle persone che si trovavano in zona e nel fast food del centro commerciale, si vedono i vetri rotti dei pullman e alla fine si vede anche la sciagurata scelta d’inseguire i rivali (fuggiti rapidamente verso i negozi) da parte di alcuni ultras giallorossi. Da lì gli inevitabili scontri con la polizia. Chi ha raccontato il contrario era in malafede oppure ha fatto lo struzzo.

Fino ad oggi la Digos e la Questura di Cosenza si è concentrata sul “secondo tempo” degli incidenti, andando a perseguire (con accuse pesantissime, compreso il saccheggio e la devastazione e siamo curiosi di capire quanto reggeranno e con quali prove in sede dibattimentale) chi ha commesso reati dalla parte dei catanzaresi (e purtroppo ci sono). Bene, anzi male. Perché a pagare non possono essere solo loro. Attenzione, non stiamo chiedendo di rintracciare e nel caso arrestare (ma ormai il reato di fragranza differita è bello che andato) anche chi ha innescato il caos, quella parte di ultras (ma erano ultras?) cosentini. Certo, questo sarebbe auspicabile e sacrosanto. Ma a dire il vero a noi interessa di più che qualcuno paghi per la gestione parrocchiale dell’ordine pubblico. Per citare Pasolini, tra una manifestante figlio di papà e un poliziotto che guadagna pochissimo e rischia spesso la vita per garantire la sicurezza degli altri, noi stiamo dalla parte dei poliziotti. Ma a Rende non c’erano figli di papà, c’erano ultras e famiglie con tanti ragazzi arrivate a Cosenza per vedere una partita di calcio molto sentita e non avevano nei loro programmi di andare a fare la guerra con le forze dell’ordine. A loro doveva essere garantito il diritto di assistere al derby senza il contorno di un finale thrilling.

E allora, chi ha scelto il tragitto dove far transitare la carovana giallorossa? E come mai non c’erano i presidi necessari per evitare i possibili scontri? Come mai nessuno ha impedito la sassaiola dei cosentini e i lancio di petardi andati a segno? E vogliamo parlare del baco che ha permesso ai tifosi del Catanzaro di comprare tranquillamente e senza commettere reati i biglietti di settori destinati ai padroni di casa? Perché chi n’era a conoscenza non ha fatto niente per trovare una soluzione se non quella di emettere un comunicato in burocratese che non è servito a nulla? E perché i circa 1600 tifosi del Catanzaro (il doppio di quelli previsti) sono stati fatti accomodare in ritardo nella curva a loro riservata facendoli entrare da un solo ingresso, creando un imbuto pazzesco che non ha permesso ovviamente nessun controllo? E come è stato possibile far entrare fumogeni e petardi anche nella curva dei cosentini a stretto contatto (separazione ridicola tra i due settori) con quella dei catanzaresi, dando così vita sul finire della gara a lanci continui da ambo le parti, ripresi dai video e costate multe salatissime alle due società? A proposito, come è stato possibile che nessuno sia riuscito a proteggere la dirigenza giallorossa (bersagliata da insulti, bottigliette d’acqua, sputi e spinte) in Tribuna Rao tanto da costringerli a trovare riparo nella curva giallorossa? Le domande sono tante e pretendono risposte serie, ammissioni di colpe e magari le dimissioni da chi è pagato, molto bene, per prevenire disordini e caos. E servirebbero scuse anche da parte di quei media che hanno confezionato servizi e articoli superficiali, senza consumare le suole sul marciapiede, verificando le fonti e sentendo più campane, come insegnano (ma forse insegnavano) ai novelli cronisti giudiziari e di cronaca nera. Solo così potremmo affermare di vivere in un Paese dove “buongiorno vuol dire buongiorno”, mentre al momento siamo ancora distanti dall’auspico sacrosanto fatto molto tempo fa da Cesare Zavattini. Della serie, niente miracolo a Milano e tantomeno a Rende.

p.s. Una sola cosa di calcio e sul derby vinto la vogliamo scrivere: le meraviglie di squadra, allenatore e pubblico sono sotto l’occhio di tutti, ma è merito della società se il Catanzaro ha ripreso a volare altissimo dopo la crisi che aveva portato 4 ko in 5 gare e una preoccupante involuzione nel gioco. Sì, la società: nel momento più complicato della stagione ha risposto “presente”, pensando in grande e rafforzando ancora di più un progetto vincente. Ecco le mosse giuste sul mercato di gennaio, ecco i rinnovi dei pilastri giallorossi che hanno dato fiducia a tutta la squadra, comprese le cosiddette riserve. Ecco il rafforzamento del settore giovanile e dello staff dirigenziale. Sì, i derby si vincono pure così, ma soprattutto i campionati.

Foto Us Catanzaro

Francesco Ceniti

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