Intervistiamo

Racconta l’invisibile/Speciale2011: ‘La città senza titolo’

Scritto da Redazione
Racconto immaginario liberamente ispirato a discussioni filosofiche con Ciccio Grisolia
di Emanuele Ferragina


Il 2011 consegnerà a Catanzaro un nuovo sindaco. Prima che le cassette della posta siano intasate dai volantini elettorali  e le vie del centro da candidati più cordiali che mai, vorremmo che in città si aprisse un dibattito. Per una volta serio, sereno, e soprattutto libero. Purificato dalla mediocrità dei comunicati ufficiali di questo o quello, lontano, lontanissimo dalle idiozie cui il nostro quotidiano politico cittadino ci ha abituato. Vorremmo che questo spazio virtuale fosse considerato dai suoi lettori un patrimonio collettivo, una sorta di Hyde Park catanzarese all’interno del quale condividere senza reticenze idee, preoccupazioni, aspirazioni.

Davvero è questa la città che vogliamo? E’ così che la immaginiamo nei momenti in cui – magari lontani anche migliaia di chilometri- per una battuta, un’immagine che ritorna in mente o una semplice posa del corpo, ci sentiamo autenticamente catanzaresi?

Lo sviluppo di Catanzaro per esempio, così come lo conosciamo oggi, sta seguendo un solco definito, comune alle città simili alla nostra, oppure no? Cosa possiamo fare per limitare i conflitti d’interesse presenti nel nostro territorio? Il livello di dipendenza dell’amministrazione pubblica dal denaro ha superato o no, il livello di guardia? C’è una crisi morale a Catanzaro? I cittadini si sentono parte di una collettività o pensano solo a rendere sicuri i confini dei propri appartamenti, infischiandosene di quanto accade appena giù in strada?

La “politica del fare” che tutti – e poche volte a ragione – rivendicano ha probabilmente un solo limite: non permette che si discuta delle cose serie. Relega la discussione a un corollario fastidioso della democrazia e scambia le opinioni contrarie per l’opera tipica di un sabotatore. Coprire una buca, curare un’aiuola, mettere in sicurezza un cordolo: si tratta di manutenzione, non altro. Politica è intervento per il bene comune, è moralità, è programmazione accorta e talvolta anche limitazione del privato nell’interesse della collettività.

Rispetto alle generazioni di catanzaresi del passato, nonostante gli anni di orrori che ci hanno caricato sulle spalle, abbiamo qualche vantaggio: Internet, innanzitutto. Questa straordinaria fonte d’informazioni tramite cui conoscere e verificare cose per le quali qualche anno fa sarebbero stati necessari costosissimi viaggi e lunghe ricerche.

Come hanno risolto altrove il problema dello svuotamento del centro storico? Cosa ne pensano gli urbanisti e i cittadini di realtà diverse dalla nostra? Esistono dei monopoli che limitano la nostra libertà d’intraprendere una qualsiasi iniziativa? E se sì, come si sconfiggono?

Iniziamo con il proporvi uno scritto di Emanuele Ferragina, catanzarese e giovane ricercatore della prestigiosa università di Oxford, Inghilterra. Uno scritto “di pancia”, magari profetico. Magari.

Red



 


 

Grandi filosofi del passato hanno narrato di città utopiche, modelli stilizzati della perfezione che l’uomo avrebbe potuto raggiungere incentivando comportamenti cooperativi e condivisione dello spazio pubblico; da Moore a Campanella, da ‘Utopia’ alla ‘Città del Sole‘. In queste righe, senza la presunzione di emulare i grandi pensatori del passato, viene narrata la romantica storia de ‘la città senza titolo‘, che si risollevò dall’inedia attraverso la presa di coscienza dei suoi cittadini ‘meno illustri’. 

La Città era senza titolo, perché non aveva sapore, né caratterizzazioni di sorta; non una peculiarità che la contraddistinguesse da qualunque altro agglomerato urbano se non aspetti negativi. Una pianta urbana a forma di sacco di patate, degna rappresentazione della totale incapacità di pianificazione territoriale dei suoi abitanti; la pressoché totale assenza di iniziative culturali che coinvolgessero larghe fette della cittadinanza; una masnada di professionisti arricchitisi grazie a privilegi secolari e senza meriti; un esercito di impiegati e dirigenti svogliati e frustrati; qualche famiglia con piglio ‘prenditoriale’ che depredava le risorse cittadine senza dare nulla in cambio;  un traffico veicolare degno delle metropoli sudamericane; la miopia pressoché totale di negozianti e rivenditori da sempre opposti alla creazione di un’ isola pedonale nel centro storico; la prevaricazione più totale dei diritti dei più deboli, come ad esempio i pedoni impossibilitati a camminare senza rischiare di essere investiti nella trafficatissima ‘scinduta senza titolo’; la quasi totale assenza di spazi ludico-ricreativi.

La città senza titolo diveniva ogni giorno più vecchia, i suoi giovani qualificati e non, ad eccezione di rampanti figli di papà che potevano accedere a posizioni ereditarie da notabili, si dovevano sempre confrontare con due ‘scelte’: la fuga senza ritorno o l’asservimento al politico di turno per ottenere un posticino nella pubblica amministrazione spesso inutile e improduttivo. In questo contesto cresceva la prevaricazione. La città senza titolo era completamente bloccata ed arroccata su se stessa, terreno fertile per  il disagio sociale, la reazione violenta, l’egoismo, l’assenza totale di spirito civico. I comportamenti barbari di tutti i tipi compiuti dagli abitanti, dallo scorrazzare con la macchina nel centro storico chiuso al traffico al parcheggio selvaggio in ogni spazio disponibile, erano la naturale conseguenza di una vita spesa all’interno del ‘formicaio ebete’ (fantastica espressione coniata da un amico della redazione di U.S. Catanzaro.net). Perché preoccuparsi degli spazi collettivi di un luogo senza presente, senza futuro, senza titolo appunto? Un luogo in cui diveniva sempre più facile dimenticare ed oltraggiare anche i pochi ricordi gloriosi, come la storia della squadra di calcio,  l’U.S. Senza titolo, fallito e divenuto prima F.C. Senza titolo grazie alla benemerenza di politici e prenditori locali e poi fallito una seconda volta a causa di tifosi eccessivamente critici e taccagni anche se sempre supportato dagli stessi illustri personaggi della politica e della prenditoria.

 

Un giorno di fronte allo strazio della decadenza fisica e culturale, assistendo all’ennesima campagna elettorale, un folto gruppo di semplici cittadini stanchi di vivere nel ‘formicaio ebete’ decisero di occupare la sala del consiglio comunale e costituire un’assemblea permanente sui problemi della città. A seguito della sommossa, gli illustri professionisti della città, impauriti dalle conseguenze della rivolta, decisero di chiudere le loro attività private per qualche settimana e dedicarsi al bene comune discutendo con tutti gli abitanti e reperendo le risorse necessarie per invertire la rotta:

– Disegnarono un piano del traffico, che prevedeva la creazione di parcheggi fuori del centro e una tramvia di collegamento al centro storico,

– Predisposero il rimboschimento della nuova area di urbanizzazione vicina all’università Magna senza titolo,

– Ridisegnarono il piano regolatore,

– Censirono gli abusi sopra e sotto il suolo e predisposero il pagamento dovuto al comune per gli atti di usurpazione che si erano svolti negli ultimi decenni,

– Proposero premi per i vigili che avessero fatto rispettare le norme del codice della strada nell’urbe senza titolo,

– Raccolsero donazioni spontanee per creare strutture sportive e spazi ludici per i bambini,

– Predisposero la costruzione di pannelli solari su tutti gli edifici pubblici,

– Con l’aiuto di insegnanti ed educatori finanziarono la messa in rete di tutte le biblioteche presenti in città e crearono un punto informativo gestito dal comune per la pubblicizzazione di tutte le iniziative culturali svolte sul territorio,

– Decisero che il comune vigilasse sull’abusivismo edilizio, mettendo al bando per sempre  condizionatori d’aria sui muri delle case e infissi di colore diverso alle varie finestre di uno stesso palazzo,

– Proposero un nuovo piano integrato per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti,

– Discussero la creazione di una settimana della memoria collettiva della città senza titolo, finanziata con i risparmi sui concerti e i crediti recuperati nella lotta all’abusivismo,

– Infine convinsero i prenditori dell’area a migliorare le condizioni di lavoro dei loro dipendenti.

La proclamazione di queste misure fu accolta con urla di giubilo dai ‘rivoluzionari’ che avevano occupato la sede del comune e di tutta la moltitudine che si era raccolta fuori ad attendere. Mentre l’assemblea si scioglieva in un clima di festa un noto ‘rivoluzionario’ capo storico-senza titolo  si erse tra la folla richiamando l’attenzione dei suoi concittadini: “Se non facciamo rinascere l’U.S. Senza titolo, non potremmo far rinascere la città!!!”. Ci fu silenzio tra la folla, la frase di capo storico-senza titolo aveva spiazzato tutti, incupendo il clima di festa.

Dopo qualche minuto, un altro noto leader cittadino, senza titolo-giallorosso, prese la parola: “Cari cittadini non avremo più bisogno di assemblee e tavoli istituzionali per sostenere l’ U.S. Senza titolo. Da domani non ci sarà più nessuno con interessi nascosti che remerà contro la ricostruzione e potremo tutti tornare ad essere cittadini e tifosi, chi avrà voglia e forza economica contribuirà direttamente e tutti parteciperemo recandoci in massa allo stadio senza-titolo. Non serviranno misure straordinarie, ma solo la restaurazione della normalità e del rispetto delle regole tutti i giorni, ognuno al proprio posto”. La folla tacque e poi si lanciò in un applauso genuino e sentito, capo storico-senza titolo attraversò la moltitudine e raggiunse in un baleno giallorosso-senza titolo abbracciandolo con forza. La fine dello strazio della città senza titolo fu sancito quel giorno, e così la rinascita dell’U.S. Senza titolo…

Emanuele Ferragina

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Redazione

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