Intervistiamo

Senza ruolo, senza risorse, senza amici: Catanzaro è un buco nell’acqua

Scritto da Redazione

scopellitiIl 29 Ottobre, durante il consueto tour per la promozione e l’affermazione del proprio operato, il Governatore Scopelliti annunciava in pompa magna l’imminente realizzazione della cittadella regionale. Poche ore dopo, il Presidente della provincia cosentina Mario Oliverio si affrettava a materializzare la sua candidatura alla guida della Regione più sgangherata d’ Europa. Il dado era stato tratto: si apriva così ufficialmente la campagna elettorale che porterà un nuovo leader a Palazzo Campanella.

Già, proprio Palazzo Campanella, perché ancora non è dato sapere se la tanto annunciata Cittadella – costruita nel quartiere catanzarese di Germaneto- includerà pure il Consiglio, tuttora operativo a Reggio Calabria

Cosenza-Reggio insomma, e così gli equilibri politici sembrano bypassare la città capoluogo per creare un nuovo asse  sulla altrettanto sgangherata autostrada che collega il nord e il sud della Calabria.

In questo contesto non si può fare a meno di notare il dissolvimento della politica catanzarese. Causato dall’incapacità alla prova dei fatti certo, ma soprattutto da un dato incontrovertibile: non aver saputo col tempo creare una nuova classe dirigente che potesse rimettere al primo posto la centralità amministrativa di Catanzaro.

Questa città che negli ultimi 20 anni ha perso velleità di guida calabrese, ha visto via via perdere pezzi importanti. Non solo amministrativi ma anche infrastrutturali. Pezzi che non le consentiranno più di essere al passo con il ruolo che in molti s’illudono ancora rivesta.

Fatta eccezione per uno straordinario sviluppo del terziario con megastrutture facenti capo a pochi monopolisti del luogo, Catanzaro può annoverare diversi record negativi. Catanzaro  manca infatti sostanzialmente di una stazione ferroviaria, di un centro storico sostenibile, di un porto vero nonostante una lunga e meravigliosa costa. Ha poi un numero estremamente basso di poli culturali e quelli che ancora resistono sembrano arroccati, chiusi in sé stessi e incapaci di integrarsi col territorio.

A tutto ciò, si aggiunge in questi giorni la più grande crisi idrica che la città ha vissuto dai tempi della dominazione spagnola. Un salto all’indietro pericoloso che dovrebbe far riflettere su cosa i catanzaresi stiano sopportando sulla propria ormai maleodorante pelle. È sotto gli occhi di tutti che questa calamità abbia sancito la totale solitudine  di Catanzaro, l’isolamento senza scampo dal resto della Calabria e ancor più del Paese. Lasciata a sé stessa, con i suoi cittadini incolori, silenziosi, invisibili.

La politica locale assente, come l’ acqua nei rubinetti, preoccupata per lo più di assistere agli eventi che mutano in seno alle risibili vicende politiche nazionali, con spaccature e fuggi fuggi generali, divisi tra colombe e falchi. Un’ opposizione nazionale inesistente e inetta, mentre quella cittadina fa stancamente quel che può di fronte all’arroganza di chi, anziché ammettere le proprie incapacità, cerca un colpevole sempre altrove: guardando ai cavilli, alle norme tecniche a tutte le sciocchezze che un giudizio morale spazza via in un secondo.

Più che irresponsabili si può tranquillamente parlare di incoscienti, incoscienti che non esiteranno a dimenticare queste ore di emergenza intollerabile nel breve giro di qualche giorno “normale”.

Catanzaro è piegata su sé stessa, assisterà impotente all’evolversi della vita politica regionale, e da capoluogo di regione si vedrà sprofondare inesorabilmente, avendo fatto della sua storia un vero buco nell’ acqua.

Giuseppe Bitonti

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