Il Rompicalcio

Allarme rosso

Mentre la politica finge di litigare per trovare una soluzione, il Catanzaro va alla deriva

 

Se in politica esistesse la sfortuna, Rosario Olivo sarebbe sicuramente il sindaco più sfortunato del Paese. Certo, il secondo fallimento del Catanzaro Calcio non rappresenterebbe una novità nel panorama nazionale; altre piazze (Pisa e Messina per citarne solo due) hanno dovuto patire la stessa onta. Olivo, però, diventerebbe l’unico sindaco del mondo a dover assistere per due volte (in soli quattro anni) alla scomparsa del calcio in città sotto la sua amministrazione. Un’ipotesi che oggi sembra sempre più vicina che mai.

La montagna dei “tavoli” intorno a cui si è seduto il gotha della politica catanzarese, ha partorito soltanto un topolino. Anzi due: l’ennesima colletta per aiutare i calciatori a concludere la stagione (dopo quella estiva, decisiva per iniziarla) e una fondazione che ha bisogno di tempo e risorse, ma che non risolve l’urgenza di trovare una proprietà, e rischia di diventare un solido appoggio per una società che non esiste più. Né servono a molto gli annunci, pur apprezzabili, di convenzioni per l’utilizzo dello stadio, o di finanziamenti ulteriori per l’adeguamento del “Ceravolo”. Come dire, vi serviamo il dessert ma mancano le portate principali. L’obiettivo deve essere uno solo: trovare una proprietà solida che dia un futuro al calcio in città. Non servono polemiche, rimpalli di responsabilità, scaricabarile. Se fallisse il Catanzaro, le responsabilità ricadrebbero sull’intero arco istituzionale (Olivo, Ferro e Traversa davanti a tutti), senza distinzioni partitiche, e sull’intera classe imprenditoriale della città, incapace di osare, di investire, insomma di fare il suo mestiere.

E mentre la squadra si prepara per i soliti, rischiosissimi play-off, al riparo da contestazioni e polemiche, la tifoseria si interroga sul da farsi. Contestare o sostenere. Aspettare o agire. Tifare o disertare. Dilemmi di chi è consapevole, suo malgrado, che la vera partita per il futuro del Catanzaro non si gioca a Barletta sul prato verde, dove i giallorossi hanno dimostrato di non temere nessuno, ma nei palazzi del potere. Dilemmi di chi ha paura che l’entusiasmo da stadio per i play-off potrebbe mettere un silenziatore pericolosissimo su una pistola puntata alla tempia dell’orgoglio di questa città. Di chi ha paura di illudersi ancora per perdere poi l’ennesima finale. Di chi ha paura di vincere finalmente sul campo, ma di fallire pochi giorni dopo.

Se il Catanzaro avesse avuto una società, molto probabilmente sarebbe in Prima divisione da un pezzo. E comunque vadano i play-off, il ripescaggio sarebbe molto probabile. Ma questa società non c’è, non si trova, non c’è mai stata dal giorno in cui Olivo, con l’appoggio dei club organizzati, diede credito e regalò il Lodo Petrucci all’imbarazzante coppia Pittelli-Coppola. È quello il peccato originale. In un mondo calcistico sempre più difficile e competitivo, che necessita di risorse economiche e competenze gestionali, tutto il resto è stato un susseguirsi di replicanti senza arte né parte. Fino al più recente, Antonio Aiello da Cuneo, l’ultimo finto “salvatore della patria”, capace, in pochi mesi, di spedire la società dritta verso i portoni spalancati del tribunale. Oltre due mesi fa gli fu chiesto di consegnare la squadra al sindaco. Invano. Oggi il suo socio Soluri coordina addirittura “tavoli” per risolvere la crisi che lui stesso ha contribuito ad aggravare, con la precedente gestione. Ma con quale credibilità nei confronti di eventuali imprenditori interessati ad entrare in società?

A luglio il sindaco Olivo, uscendo dalla riunione che salvò il Catanzaro con la “colletta” istituzionale, promise ai tifosi che avrebbe vigilato su questa società. UsCatanzaro.net la definì «una sorta di municipalizzata». Ma quel controllo non c’è stato e se qualcuno sostiene il contrario non potrà certo dire che si sia trattato di un controllo efficace. Sono stati concessi contributi a pioggia, senza “chiedere le fatture”. Sono arrivati i risultati del campo, ma anche punti di penalizzazione, deferimenti, scioperi dei calciatori e un nuovo bilancio in rosso. Da allarme rosso.

Ivan Pugliese

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