L’anno zero.

Il rompicalcio, la rubrica del sabato tratta dal quotidiano “Calabria Ora”

Storia di una caduta, di un inesorabile e doloroso declino. Appena due anni fa sembravamo un’isola felice, seguivamo in tutti i campi della italica provincia i nostri ragazzi ed eravamo felici, avevamo un bellissimo gruppo e una società all’apparenza illuminata ed entusiasta. Le sabbie mobili della serie C (C2, perlopiù) erano ormai alle spalle e stavamo passando in cassa a ritirare il nostro strameritato paradiso, la serie B con Sky, i campioni e i nomi sulle maglie. Non sapevamo che le nostre ali erano di cera e che si sarebbero sciolte al sole della serie B, proprio quando con Carbone, Corona, Leon e compagnia bella sembravamo poter guardare in alto. Da quanto ne sappiamo Icaro cadde, morì e finì là, per noi la sofferenza sembra non avere fine. Cos’è rimasto di quella stagione felice? Oggi mero cronista osservo il Ceravolo e vedo tanta tristezza. Una tribuna stampa amputata della sua struttura portante a riportarci a qualche anno fa, quando si chiedeva a gran voce una sala stampa degna di questo nome. Della sbandierata ristrutturazione (illustrata con dovizia di particolari con tanto di plastico esplicativo in conferenza stampa) rimane una serie di linee e numeri verdi a colorare spalti ormai vecchi che ospitano un pubblico sempre più diffidente e assenteista.  
Il vecchio pino in curva è morto con L’Uesse, annichilito dai turpi spettacoli a cui è stato costretto ad assistere. Vacche magre, vacche grasse e vacche ai mister, lui le ha viste proprio tutte, non ce la faceva più. Siamo all’anno zero, insomma. Ma non sempre ripartire da zero è un male. Ci si rimboccano le natiche (come diceva quel tale) e si costruisce, gradino dopo gradino, tutto quel che s’è perduto o che non si è mai avuto, ma che Catanzaro può avere in pianta stabile. Per non essere più giganti con la bocca larga ed i piedi d’argilla.

Giannantonio Cuomo

L’anno zero.

Il rompicalcio, la rubrica del sabato tratta dal quotidiano “Calabria Ora”

Storia di una caduta, di un inesorabile e doloroso declino. Appena due anni fa sembravamo un’isola felice, seguivamo in tutti i campi della italica provincia i nostri ragazzi ed eravamo felici, avevamo un bellissimo gruppo e una società all’apparenza illuminata ed entusiasta. Le sabbie mobili della serie C (C2, perlopiù) erano ormai alle spalle e stavamo passando in cassa a ritirare il nostro strameritato paradiso, la serie B con Sky, i campioni e i nomi sulle maglie. Non sapevamo che le nostre ali erano di cera e che si sarebbero sciolte al sole della serie B, proprio quando con Carbone, Corona, Leon e compagnia bella sembravamo poter guardare in alto. Da quanto ne sappiamo Icaro cadde, morì e finì là, per noi la sofferenza sembra non avere fine. Cos’è rimasto di quella stagione felice? Oggi mero cronista osservo il Ceravolo e vedo tanta tristezza. Una tribuna stampa amputata della sua struttura portante a riportarci a qualche anno fa, quando si chiedeva a gran voce una sala stampa degna di questo nome. Della sbandierata ristrutturazione (illustrata con dovizia di particolari con tanto di plastico esplicativo in conferenza stampa) rimane una serie di linee e numeri verdi a colorare spalti ormai vecchi che ospitano un pubblico sempre più diffidente e assenteista.  
Il vecchio pino in curva è morto con L’Uesse, annichilito dai turpi spettacoli a cui è stato costretto ad assistere. Vacche magre, vacche grasse e vacche ai mister, lui le ha viste proprio tutte, non ce la faceva più. Siamo all’anno zero, insomma. Ma non sempre ripartire da zero è un male. Ci si rimboccano le natiche (come diceva quel tale) e si costruisce, gradino dopo gradino, tutto quel che s’è perduto o che non si è mai avuto, ma che Catanzaro può avere in pianta stabile. Per non essere più giganti con la bocca larga ed i piedi d’argilla.

Giannantonio Cuomo

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Giannantonio Cuomo

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