Il Catanzaro a metà del guado (Parte 3)

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Il modulo perfetto

Nel calcio non esiste il modulo perfetto, ma esiste invece la capacità di un allenatore di disporre i suoi uomini nel modo ottimale. Esaltando le qualità dei singoli e coprendo, con lo scacchiere tattico, tutti i punti deboli di una squadra.

La differenza enorme fra il 3-4-3 di Auteri e il 3-5-2 di Grassadonia sono le giocate sull’ampiezza. Cosa questa da non sottovalutare proprio perché la rosa inizialmente assemblata aveva come sua ragion d’essere proprio l’esplosività sulle corsie laterali.

Nel passaggio al 3-5-2 i due laterali di centrocampo sono tenuti a un lavoro molto diverso dal precedente e questo significa riadattarsi a geometrie e movimenti che hanno bisogno di tempo per essere assimilati.

Statella e Favalli sono costretti a scalare in mezzo al campo e ripiegare in difesa con lo stesso approccio con cui partecipano alla fase offensiva. Spesso sono raddoppiati e quindi costretti a sbrogliare situazioni difficili in condizioni di inferiorità numerica e con i corridoi intasati.

Nella precedente gestione esisteva invece una sorta di collaborazione a tre vie che consentiva agli esterni di centrocampo di trovare un compagno con cui dialogare grazie ai movimenti dell’attaccante esterno che portava via il difensore avversario aprendo moltissime soluzioni.

Nella passata stagione si è detto a più riprese che l’equilibrio della squadra di Auteri derivasse dalla bontà del lavoro svolto dai due laterali di centrocampo, in particolare sulla corsia destra dove insieme a Statella agivano Kanoutè e Celiento.

Ebbene quel famoso equilibrio si è perso. Il modulo è cambiato, le posizioni sono cambiate e pertanto anche i movimenti sono molto diversi da quelli cui si era abituati.

A caccia di equilibrio

Nelle attuali geometrie il fulcro dell’equilibrio tattico si è spostato dalla corsie laterali ai tre nel mezzo che dettano i tempi della costruzione del gioco, anche quando non sono coinvolti attivamente con la palla.

Con i movimenti senza palla si cerca di agevolare la verticale di una delle mezz’ali o della seconda punta che in fase di non possesso arretra per ostacolare il portatore avversario oppure si muove per creare gli spazi.

Nelle idee di Grassadonia c’è innanzitutto la costruzione da dietro passando dunque per i tre difensori centrali, due dei quali sono deputati ad iniziare la manovra mentre il terzo cerca di alleggerire il pressing con una posizione più defilata.

Le soluzioni di impostazione passano per il play basso quando riesce ad aprirsi un corridoio centrale oppure per le aperture verso l’esterno dove i laterali di centrocampo e la prima punta cercano lo spazio per mettere in difficoltà la retroguardia avversaria.

In quest’ottica rientrano i tanti lanci eseguiti da Martinelli. Lanci che richiedono anche un’accelerazione improvvisa del pacchetto centrale e una rapida soluzione offensiva prima che la difesa avversaria abbia il tempo di riposizionarsi.

Questa scarsa abitudine agli strappi non ha prodotto i risultati sperati. Nelle corde di Statella Tascone e Nicastro non si vede le capacità di raggiungere il fondo e crossare, aggirare l’avversario facilitando l’inserimento di un compagno, tentare l’uno-due corto e lanciare verso la porta il compagno libero.

In fase di possesso quasi tutto gira intorno alla mezz’ala più avvezza alla profondità e alla seconda punta che fa da perno centrale alla manovra di accerchiamento. Contro le difese posizionali i giallorossi sono andati spesso in affanno non riuscendo a scardinare equilibri tattici tutto sommato prevedibili.

La scarsa capacità di affondare verticalmente è andata di pari passo con la scarsa propensione a portare molti uomini in area, cosa che in molte partite ha determinato quell’idea di non-gioco o di gioco poco spumeggiante che fa storcere il muso ai tifosi.

Il problema del Catanzaro sta proprio nella difficoltà di costruire trame offensive contro le difese schierate nonostante la trasmissione della palla sia sufficientemente rapida.

Pressing si, pressing no

Nel calcio esistono centinaia di situazioni simili, ma tutte profondamente diverse. Spesso si è costretti a uscire dal pressing, altre volte il pressing non viene nemmeno abbozzato. In alcuni casi il pallino del gioco bisogna conquistarlo, in altri casi viene deliberatamente lasciato in mano all’avversario.

Nel Catanzaro di Auteri esisteva una forma di pressing robusto che in quanto tale aveva la duplice finalità di costringere l’avversario all’errore dandogli meno vie di uscita possibile grazie alla presenza del tridente.

Con Grassadonia la fase di pressing ha una connotazione diversa. Difficilmente Nicastro riesce a portare il terzino sull’esterno e quando lo fa non trova adeguata assistenza da parte dei compagni che dovrebbero seguirlo nel movimento.

Quando si tenta di ingabbiare il portatore sulla corsia esterna, raddoppiando la marcatura, si corre inevitabilmente il rischio di lasciare i propri difensori sull’uno contro uno. Questo discorso di trovarsi a rincorrere in situazione di parità numerica purtroppo è tipico delle difese a 3. Un fattore comune anche al modulo di Auteri.

Mister Grassadonia ha optato per una via di mezzo, rinunciando al pressing alto e dunque facendo uscire l’avversario per poi tentare il recupero con l’intercetto a centrocampo dove il Catanzaro schiera molti uomini.

Tattica questa che è stata adottata a fasi alterne, in base all’avversario e alle situazioni di gioco. Contro avversari modesti è quasi inutile sprecare energie in fase di pressing, contro avversari di una certa caratura il pressing un po’ lo si è subito e un po’ lo si è imposto.

Insomma una linea di adattamento strategica che è figlia dell’idea di fondo di rallentare i ritmi della manovra, che diventa più ragionata a tratti anche compassata, ma consente alla squadra di distribuire le energie fisiche con miglior efficacia.

Linee di gioco

Da qui nasce il possesso palla. Che da un lato ha la sua forte valenza psicologica, ma dall’altro deve anche produrre qualcosa di più di uno sterile cambio di gioco alla ricerca di un pertugio che non si trova.

E qui torna inevitabile il discorso sugli interni di centrocampo che fanno il bello e il cattivo tempo del 3-5-2. Una piacevole sorpresa è stata proprio Di Livio, che con i suoi movimenti è riuscito spesso a mettere in difficoltà gli avversari giocando fra le linee.

Anche qui però occorre fare una precisazione e cioè che le linee di gioco sono orizzontali quanto verticali. Il Catanzaro di Grassadonia non ha dato grande dimostrazione di saper verticalizzare la manovra ed è questo uno dei principali punti deboli dei giallorossi.

Non è vero che nel modulo di gioco con due punte si abbiano meno soluzioni offensive. Il problema è che la manovra ha una sua ragion d’essere sulla verticale centrale dove i due attaccanti ricevono palla e scaricano per il centrocampista che si propone.

La manovra offensiva deve essere accompagnata sulle corsie esterne e deve essere supportata dalla capacità di creare superiorità con passaggi rapidi per non vanificare i movimenti senza palla e le tentate sovrapposizioni.

Esiste dunque una gerarchia di movimenti e di posizioni che per quanto possano essere ben studiati necessitano comunque di quel qualcosa in più in termini di dinamismo e velocità, intelligenza tattica e cinismo.

Al netto di quelle situazioni di gioco particolarmente favorevoli come le ripartenze in campo aperto o le posizioni smarcate su palla inattiva, il Catanzaro non ha ancora dimostrato di saper scardinare le difese avversarie quando queste sono ben chiuse.

Il 3-5-2 è dunque un impianto di gioco che potenzialmente può garantire possesso e buon equilibrio in tutte le fasi di gioco, ma che necessita di attori adatti ad assolvere quei movimenti indispensabili per avere la meglio sugli avversari.