Intervistiamo

Massimo Campo un uomo tra i calciatori

Arrivato nel capoluogo calabro a 15 anni: “Catanzaro, città in cui ho trascorso il periodo della crescita diventando uomo….. il primo gol, il boato del Ceravolo avevo segnato io”. Per www.uscatanzaro.net GA Cuomo descrive l’Ex giallorosso di turno.

In un giorno di settembre del pazzo, pazzo 2003 veniva annunciato il ritorno a Catanzaro di Massimo Campo, proveniente dalla Nocerina da poco battuta nel doppio scontro playoff di giugno (Massimo ci provo’ contro di noi e per poco non ci cancello dalla finale; ricordate il colpo di testa nei minuti conclusivi all’andata parato miracolosamente da Gentili?).
Mi sembrò subito una splendida notizia, da un punto di vista tecnico a causa del valore del giocatore in questione, e dal punto di vista umano perché un tifoso delle Aquile tornava nella città che l’aveva lanciato. Però no, non era solo questo. Era anche che Massimo Campo per me non era un giocatore come gli altri, era un Catanzarese nel Catanzaro si, ma di una razza particolare di giocatore. Di quei giocatori che, come dice un utente pennuto del forum, “alu pallona ‘ci parra ‘ccu tu”, di quelli che accendono la fantasia, di quelli che ci fecero sognare in anni veramente bui, erano gli anni della mia università e si partiva per Molfetta e Formia con la sinistra consapevolezza di tornare con un pieno di tristezza come compagna di viaggio, erano i tempi degli intercity e degli espressi, di Dal Fiume e di tanto tanto altro… Beh, in quei tempi c’era fra gli undici un barlume di luce, che poteva risolvere (e spesso lo faceva) con colpi assolutamente geniali partite tecnicamente non esaltanti. Lui era un motivo di speranza, tutti speravamo che le sue fortune coincidessero con le nostre ed eravamo felici che fosse uno di noi.
Prima di Sora – Catanzaro mi è venuto in mente di chiamarlo, e di fare una chiacchierata molto informale di cui riporto a voi i contenuti. Diciamo la verità: il motivo principale per cui l’avevo chiamato era farmi indicare un ristorante nei pressi di Sora, ma da questo punto di vista non è che mi abbia aiutato granchè…

Massimo, partiamo dal passato: a che età sei venuto a Catanzaro?
Avevo 15 anni quando sono andato via da casa, prima giovanili del Torino e poi subito Catanzaro, città in cui ho trascorso il periodo della crescita diventando uomo. Sette anni in quel periodo che è uno dei più importanti della vita di una persona non sono uno scherzo.
A Foggia i tifosi ti hanno dedicato un bellissimo striscione, rivolto all’uomo più che al calciatore. Sai che non lo si fa per tutti…
Guarda, è stata la cosa che mi ha inorgoglito di più in carriera, noi giochiamo a pallone fino a una certa età e fino a quel momento veniamo considerati per quello che facciamo, ma poi quello che rimane è la persona. Essere un uomo vero è la cosa a cui in assoluto tengo di più.
L’esperienza da Capitano a Nocera. Non ti nascondo che vedendoti tornare a Catanzaro da Capitano della Nocerina mi ha fatto un certo effetto…che vuol dire essere Capitano di un gruppo?
Avere tante responsabilità, sicuramente. Prendersi responsabilità per il bene del gruppo, esporsi. Essere il punto di riferimento nel bene e nel male. C’erano fior di giocatori in quella Nocerina, per fare qualche nome Balli, Bigica, Belmonte, Barone, ma il Mister decise di affidarmi la fascia perché credeva molto in me.
Di palo in frasca… l’episodio che in tutta la tua carriera ricordi di più.
Sicuramente il primo goal fra i professionisti, ovviamente con la maglia del Catanzaro. Era la terza partita che partivo fra i titolari, si giocava contro il Monopoli e finì 2-0. Il boato del Ceravolo, avevo segnato io. Un sogno.
Ricordi sotto che curva?
La est, purtroppo la est…
l giocatore più forte con cui hai mai giocato…
Nella Reggina giocavo con Pirlo, e poi c’era Perrotta, che per me è un talento straordinario. Veramente Forte.
E il più forte con cui hai giocato nel Catanzaro? Peschiamo fra i primi anni…
Nel passato ricordo giocatori fortissimi come Massimiliano Esposito, O anche Sandro Mazzola. E poi Francesco Esposito, molto forte anche lui.
E oggi?
Beh, ti posso dire fra i giovani Toledo ma anche Ascoli, che è fortissimo.
Come si batte il crotone? Voi ne sapete qualcosa…
Lottando su ogni pallone e aggredendoli alti, per non farli giocare. Hanno un attacco fortissimo ma dietro concedono qualcosa. Capuano è stato bravissimo a preparare la partita ma anche a cambiarla in corsa, dopo il loro pareggio.
Una domanda un po’ delicata. Prima di Benevento siamo andati a cena a Vietri a Mare, ora che si avvicina la trasferta di Sora dove ci consigli di andare con i ragazzi del Gruppo Agriturismi?
Eh, non ti posso aiutare, sono qui da poco tempo e vado sempre al ristorante della squadra. Ma se mi chiami domani ti so dire qualcosa in più, perché stasera andiamo con i compagni in un ristorante nuovo…
Cosa ricordi della Serie A, categoria in cui hai giocato? E che differenza c’è fra la serie A e le altre categorie?

Ricordo l’esordio in “A”, contro la Juventus. Un’emozione incredibile, te lo puoi immaginare, il massimo a cui si può aspirare. La massima serie in verità è come se fosse due serie in una, ci sono i “marziani” ed i “terrestri”. Zidane il “marziano” che mi ha impressionato di più, ma anche altri come Veron, Rui Costa, e a modo suo Inzaghi non sono giocatori ordinari.
Hai giocato contro questi giocatori che indubbiamente rappresentano il Gotha del calcio mondiale: hai mai avuto la sensazione di poter rimanere a quei livelli? Sentivi di averne i numeri?
Credo sinceramente che con un po’ di fortuna in più sarei potuto rimanere nel calcio che conta, magari fare la carriera in “B”, ma spero comunque di poterlo fare in futuro, magari con il Catanzaro…
Si può entrare e restare in forma senza giocare per 90 minuti? Mi riferisco all’esperienza di Catanzaro della prima parte della stagione…
Non è semplice, di sicuro. Ci si può far trovare pronti, ma non per una gara intera. I 90 minuti si acquisiscono solo giocando, il ritmo gara è un’altra cosa rispetto agli allenamenti…
Segnare e non esultare. Bella moda, eh?
Dipende contro chi si gioca. L’unica volta che ho segnato contro una mia ex squadra è stato contro le Aquile l’anno scorso, e non ho esultato, in modo spontaneo. C’erano troppe persone in curva che conoscevo bene, persone con cui sono cresciuto insieme, nella fase più importante della mia vita. Contro la Reggina, per esempio, credo che esulterei.

Lascio Massimo dopo averlo ringraziato per la disponibilità, con la sensazione di aver parlato con una persona che fa il lavoro più bello del mondo e che grazie ad un talento non comune riesce anche a farlo bene. Dunque Campo ottimo calciatore e uomo vero, su questo non ci piove. Rimane il fatto che a Sora non sappiamo ancora dove andare a mangiare…

GAntonio. Cuomo

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